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              Codice BB.CC. |   
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          | Vendita bb.cc.  - archivio  |  
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              Immobili dallo stato agli enti locali |   
          | 17 
              agosto 2013 |   
          | "Entro 
              il 30 novembre 2013 i Comuni, le Provincie, le Città metropolitane 
              e le Regioni potranno chiedere direttamente di trasferire a loro 
              a costo zero immobili o terreni non agricoli di proprietà dello 
              Stato. Con il decreto del Fare la procedura cosiddetta di federalismo 
              demaniale viene velocizzata dando la possibilità alle amministrazioni 
              di richiedere l’acquisizione all’Agenzia del Demanio attraverso 
              la semplice compilazione di un modulo che sarà in linea sul sito 
              www.agenziademanio.it a partire dal 1 settembre, e al quale l’agenzia 
              dovrà rispondere entro 60 giorni. Si calcola che le proprietà immobiliari 
              statali interessate alle acquisizioni ‘’non onerose’’ da parte degli 
              Enti locali potrebbero essere circa diecimila per un valore intorno 
              ai due miliardi di euro. Sono esclusi dagli immobili alienabili 
              solo i beni in uso governativo, quelli che stanno in Dimore, i beni 
              del fondo sviluppo e quelli già inseriti in protocolli di valorizzazione. 
              Nel caso di alienazione del bene trasferito l’incasso dovrà essere 
              utilizzato per ridurre in prima istanza il debito dell’ente( per 
              gli enti locali e territoriali pari a circa 114 miliardi) e quindi 
              lo stock del debito complessivo dello Stato che ha superato i 2.075 
              miliardi."   
              ROMA 16 AGOSTO 2013 - Il Ghiarlandaio |   
          |  |   
          |  |   
          | 06 
              maggio 2010 |   
          | "Procede 
              a marce forzate la Grande Festa dello smantellamento dello Stato 
              in favore del profitto privato. Qualche esempio. Da anni è in corso 
              la vendita del patrimonio immobiliare pubblico, anche se le due 
              società a cui Tremonti nel 2002 prevedeva di cederlo in blocco ("Patrimonio 
              dello Stato S.p.A." e "Infrastrutture S.p.A.") hanno prodotto un 
              gettito minimo rispetto alle previsioni. Di fronte a quel decreto, 
              la Frankfurter Allgemeine affibbiò al nostro governo di allora (non 
              poi tanto diverso da quello di oggi) l´etichetta di "talibani di 
              Roma". Ma mentre la svendita del patrimonio statale va più lentamente 
              del previsto, Comuni, Province e Regioni si danno da fare, anche 
              perché secondo la L. 133 del 2008 (art. 58) devono allegare al bilancio 
              di previsione il "piano delle alienazioni immobiliari". E infatti 
              Treviso vende la Chiesa di San Teonisto (sec. XIV), che al Comune 
              fu donata nel 1811 dal viceré d´Italia; Prato getta sul mercato 
              il Monastero di San Clemente (fondato nel 1515), già destinato ad 
              archivio comunale; la provincia di Salerno mette in vendita Palazzo 
              d'Avossa (sei-settecentesco), sede della locale Soprintendenza. 
              Esemplare il caso di Verona: il Comune, con l´avallo del direttore 
              regionale ai Beni Culturali Soragni, vende Palazzo Forti, donato 
              alla città nel 1937 per destinarlo alla Galleria d´Arte moderna, 
              che ancora vi ha sede. Il Comune ne ha mutato la destinazione d´uso 
              (da culturale a commerciale), e utilizzerà l´incasso (33 milioni) 
              per l´acquisto di un´area che, secondo un piano dello stesso Comune, 
              potrà essere cementificata (280.000 metri cubi). Intanto, sulla 
              base del "federalismo demaniale" promosso da Calderoli, il Comune 
              chiede la proprietà degli immobili del demanio dello Stato siti 
              in Verona (mura, forti, bastioni, porte antiche e altri beni vincolati): 
              visti i precedenti, è facile immaginare quel che ne farà." 
                
              SALVATORE SETTIS GIOVEDÌ, 06 MAGGIO 2010 - la Repubblica  |   
          |  |   
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          | Costa 
              S. Giorgio in abbandono |   
          | 2 
              febbraio 2007 |   
          | "Sopralluogo 
              di Valdo Spini nella caserma di Costa San Giorgio: "Un percorso 
              di guerra tra rovi e quant´altro". Sporco, abbandono e affreschi 
              antichi l´agonia della Scuola di sanità militare I militari l´hanno 
              lasciata nel ´99 per trasferirsi a Roma "E´ un´emergenza e una 
              vergogna, presenterò un´interrogazione" Un percorso di guerra. 
              Tra rovi, sterpaglia, sporcizia, escrementi di piccioni che fanno 
              da corredo ad antichi affreschi di un "Ultima cena" opera della 
              bottega di Cosimo Rosselli del 1488, ad un lunettone con l´«Annunciazione» 
              di Bicci di Lorenzo di fine ‘300, ad un chiostro quattrocentesco 
              con pilastri ottagonali in pietra serena. Benvenuti all´ex caserma 
              Vittorio Veneto di Costa San Giorgio. Un itinerario-avventura 
              nel cuore vuoto della città, che ha visto l´onorevole Valdo Spini 
              «impegnato in un percorso di guerra, scavalcando rovi e quant´altro» 
              durante il sopralluogo che lunedì scorso ha fatto agli edifici dismessi, 
              che fino al ‘99 hanno ospitato la Scuola di sanità militare dell´esercito, 
              poi trasferita a Roma. «Un´emergenza e una vergogna» commenta Spini, 
              che ha deciso di presentare subito un´interrogazione in Parlamento 
              sul grave stato di degrado in cui versa questo vasto complesso storico, 
              confinante con il Giardino di Boboli e Forte Belvedere. Non è la 
              prima volta che si torna a parlare del disastroso abbandono del 
              complesso di immobili e giardino: una superficie di 30.500 metri 
              quadrati, di cui 10.060 coperti, lasciata completamente alla deriva 
              nonostante le numerose e pregevoli testimonianze storiche che custodisce, 
              visto che la struttura che fin dal 1866 ha ospitato i militari, 
              trae origine dall´accorpamento di due antichi conventi. Ebbene dal 
              ‘99, sulla dismissione e sul riutilizzo degli edifici si sono incrociati 
              vari progetti tra Difesa e Consap Spa incaricata delle vendite: 
              farne un albergo, una serie di residenze, un centro commerciale, 
              una fondazione museale. Ipotesi naufragate, mentre la soprintendenza 
              ai monumenti istruiva studi e pratiche che hanno vincolato tutto 
              il complesso. «Le proposte erano tutte fantasiose e impraticabili, 
              tutte contrarie al nostro parere che vuole il complesso destinato 
              alle istituzione della città» afferma l´assessore all´urbanistica 
              di Palazzo Vecchio Gianni Biagi. «Ma questa volta ci siamo - afferma 
              Spini - mi dicono che i primi di marzo il ministero dell´Economia 
              emanerà un nuovo elenco con tutti i beni della Difesa da dismettere, 
              e vi compare anche l´ex caserma di Costa San Giorgio. Serve subito 
              un accordo di programma tra Palazzo Vecchio, Provincia e Regione, 
              un´azione congiunta per restituire questo bene alla città». Edifici 
              e spazi su cui da tempo anche la soprintendenza amerebbe allargarsi. 
              «Anni fa chiedemmo al ministero della Difesa che ci venissero assegnati 
              - ricorda il direttore regionale dei Beni culturali Mario Lolli 
              Ghetti - Non per accorpare il loro giardino a quello di Boboli, 
              perché storicamente non ne ha mai fatto parte, ma certo gli edifici 
              sarebbero perfetti per usi istituzionali, per portare lì i nostri 
              uffici e per realizzarvi laboratori di restauro e depositi della 
              soprintendenza, da sempre alla ricerca di spazi». Una richiesta 
              che si rinnova e su cui concordano tutti i soggetti interessati. 
              Che questa volta, sembrano pronti ad unirsi e contrattare. «Esiste 
              un vincolo su tutto il complesso - prosegue Lolli Ghetti 
              - Quando sarà messo in vendita ci chiederanno il permesso 
              per l´alienazione. Permesso che può anche essere rifiutato per un 
              uso non compatibile. Saremmo felicissimi di poterlo avere 
              in consegna utilizzare per l´uso pubblico. Certo, servono molte 
              risorse per restaurarlo e il nostro ministero è a corto di fondi»". 
               MARA 
              AMOREVOLI 01 FEBBRAIO 2007 - LA REPUBBLICA, FIRENZE  |   
          |  |   
          | In 
              svendita il patrimonio dello stato |   
          |  
              15 
              febbraio 2006 |   
          | "Pur 
              di fare cassa è stato abbattuto il valore degli immobili La Corte 
              dei conti affonda il governo sulle cartolarizzazioni. Le operazioni 
              sono state fatte in fretta e furia, senza un'accurata valutazione 
              del rapporto costi/benefici, al punto da rendere impossibile valutarne 
              gli effettivi impatti in termini di riduzione del deficit e di abbattimento 
              del debito pubblico. Con il risultato di una pesante svalutazione 
              del patrimonio statale. È tutto scritto nelle 344 pagine ´Analisi 
              dei risultati delle cartolarizzazioni', il corposo documento che 
              ItaliaOggi ha potuto consultare in anteprima. Al 31 dicembre 2005 
              il portafoglio di beni ceduti ammontava a 129,2 miliardi di euro 
              (84,8 se non si tiene conto dei crediti inesigibili dell'Inps) per 
              57,7 mld di corrispettive riscossioni (il 44% delle cessioni complessive, 
              che diventano il 68% escludendo i citati crediti Inps). Poco più 
              di 28 miliardi gli effetti immediati sulla riduzione del debito 
              e 9,6 quelli sull'indebitamento netto. Questi i numeri. Ma basta 
              leggere le considerazioni di sintesi per vedere quanto sia pesante 
              la bocciatura assegnata della Corte dei conti all'esecutivo, in 
              particolare ai due ministri dell'economia che hanno seguito tutte 
              le operazioni Scip, cioè Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco. 
              Le operazioni di cartolarizzazione varate da viale XX Settembre 
              sono frutto ´di decisioni di natura squisitamente politica', scrive, 
              infatti, la Corte dei conti, ´basate più su considerazioni di necessità 
              di breve termine e di consenso, e meno di accurati calcoli di convenienza 
              economico-finanziaria'. Sotto accusa l'intero processo di alienazione. 
              ´L'obiettivo delle dismissioni è tutt'altro che chiaro', si legge 
              nel documento. Se, a livello formale, infatti, finalità delle operazioni 
              era dismettere gli attivi (beni immobili e crediti contributivi) 
              il cui costo di detenzione risultasse superiore ai vantaggi ricavabili 
              dalla loro cessione, in realtà, valuta la Corte dei conti, ´unico 
              obiettivo realmente perseguito è il rispetto degli obblighi imposti 
              dal patto europeo di stabilità e di crescita'. Il ministero del 
              tesoro, dunque, per non mettere le mani nelle tasche degli italiani 
              e contenere lo sfondamento dei parametri di Maastricht, avrebbe 
              adottato procedure per ´fare rapidamente cassa, ma non per realizzare 
              l'obiettivo formalmente dichiarato'. Via, dunque, all'alienazione 
              degli attivi ´che sono risultati di più agevole dismissione, piuttosto 
              che quelli la cui detenzione risultava meno vantaggiosa della cessione'. 
              La Corte dei conti punta il dito anche sulle modalità delle operazioni. 
              Una ´mancata contabilità economica' e ´il mancato aggiornamento 
              degli inventari' del patrimonio pubblico, ´unitamente alla ristrettezza 
              dei tempi imposti per le singole operazioni' hanno fatto sì che 
              ´la scelta dei beni da dismettere è solo parzialmente avvenuta in 
              conformità a oggettivi criteri di razionalità e imparzialità'. Ciò 
              si riflette anche ´nei termini di scarsa trasparenza dei costi sostenuti 
              e dei risultati conseguiti'. Dunque, una stroncatura senza appello. 
              Difficile anche fare una verifica della convenienza del processo, 
              ´in larga parte frustrata dall'incompletezza e dall'inadeguatezza 
              degli elementi informativi resi disponibili dalle amministrazioni 
              controllate'. Una carenza di dati pur sollecitata dalla Corte dei 
              conti e che ha impedito, afferma il documento, ´di fugare i molti 
              dubbi e i molti equivoci che hanno accompagnato le operazioni'. 
              Sono rimasti aperti, così, rilevanti problemi di natura contabile 
              e le cessioni ´hanno avuto luogo solo in parte secondo criteri di 
              competitività'. Il forte divario riscontrato tra i portafogli cartolarizzati 
              e i corrispettivi è imputato, inoltre, ´all'ampio ricorso alla pratica 
              della sovracollateralizzazione', ovvero l'uso eccessivo di garanzie 
              collaterali. E tutto questo per l'Inps, che vanta 44,6 miliardi 
              di vecchi crediti (per buona parte inesigibili), ha il sapore di 
              una beffa. ´Nonostante le cartolarizzazione il portafoglio dei crediti 
              non si è ridotto', sostiene la Corte dei conti, ´ma è ulteriormente 
              aumentato'.  Luca 
              Saitta, ItaliaOggi - 15/2/2006  
 |   
          |  |   
          | Buttiglione 
              fermi la cartolarizzazione degli enti  |   
          |  
              21 
              gennaio 2006 |   
          | "L' 
              associazione 
              guidata da Carlo Ripa Di Meana fa appello al ministro Rocco Buttiglione 
              «per scongiurare la vendita di immobili di fortissimo carattere 
              identitario», come il Poligrafico di Piazza Verdi, la Zecca e l'Ufficio 
              geologico nazionale di Largo Susanna. La decisione della vendita 
              è comparsa nella Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio e con la quale 
              sì autorizza la vendita in blocco a trattativa privata alla Fintecna 
              28 complessi immobiliari."    
               
              Unità 21/1/2006 |   
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          | Giù 
              il debito vendendo immobili |   
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              8 
              gennaio 2006 |   
          | "La 
              strategia anti-debito del governo punta sugli immobili: nel 2006 
              si cercherà di ridurre il rapporto debito/pil continuando le cartolarizzazioni 
              e le dismissioni del patrimonio immobiliare, ma anche attuando nuove 
              strategie come la permuta di immobili con gli enti locali e la revisione 
              degli affitti. Il sottosegretario all'Economia, Maria Teresa Armosino, 
              spiega all’AdnKronos che via XX Settembre sta valutando se mettere 
              in campo gli interventi già prima delle elezioni o «aspettare» il 
              risultato del 9 aprile. «Le misure - secondo Armosino - sono ancora 
              allo studio. Ci sono varie ipotesi di intervento e quindi ci sono 
              delle scelte da fare. Una delle quali è il tempo». Una cosa è certa: 
              «parte del patrimonio da dismettere è della Difesa i cui immobili 
              sono certamente da valorizzre e rivendere. Parte, invece, è del 
              Demanio ed è occupata da amministrazioni dello Stato». Armosino 
              sottolinea poi che «i principi ispiratori verso cui il Tesoro pensa 
              di muoversi» sono alienazioni di immobili; nuova politica degli 
              affitti nei confronti degli enti locali che non pagano l'affitto 
              o sono favoriti da canoni molto bassi, a dispetto di spazi a disposizione 
              più ampi del necessario; permuta di immobili con gli enti locali. 
              Quanto ai probabili incassi Armosino osserva che «non sono ancora 
              stati quantificati». «Avremo idee più chiare alla fine della prossima 
              settimana. Con Fip - ricorda il sottosegretario - ci siamo riservati 
              di dismettere il 20% degli immobili occupati sulla base di uno studio 
              secondo il quale risulta che la Pubblica amministrazione ha come 
              minimo il 30% di superifici superiore a quelle necessarie con tutte 
              le ripercussioni in termini di più elevati costi dell'affitto, del 
              riscaladamento, dell'illuminazuione e tutto il resto».  
              Domenica 8 Gennaio 2006 Il Messaggero  
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          | Cartolarizzazioni 
              Inps decisive |   
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              7 
              gennaio 2006 |   
          | "L'incasso 
              dalla dismissione o alienazione di immobili del patrimonio immobiliare 
              dello Stato è stato conferito al fondo di ammortamento del debito 
              pubblico (art.1 comma 5 Legge Finanziaria 2006). Il fondo di ammortamento 
              finora è servito ad abbattere il debito attraverso operazioni di 
              rimborso alla scadenza o riacquisto prima della scadenza di titoli 
              di Stato utilizzando i soli proventi delle privatizzazioni Potenziamento 
              dell'attività dell'Agenzia del Demanio nel contesto delle operazioni 
              di valorizzazione, razionalizzazione e alienazione del patrimonio 
              immobiliare pubblico (art. 479 Legge Finanziaria 2006). Le permute 
              spiccano tra gli strumenti di punta del futuro per velocizzare la 
              vendita del patrimonio immobiliare alienabile degli enti locali 
              Alienazione degli immobili militari (art. 482 Legge Finanziaria 
              2006) Estensione di tre anni (dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 
              2008) del periodo durante il quale è possibile cartolarizzare i 
              crediti insoluti dell'Inps (art.42-quinquies della Legge 2 dicembre 
              2005 n.248) fatta eccezione dei crediti contributivi agricoli (art.42-sexies) 
              Superholding taglia-debito (un progetto per la realizzazione di 
              una o più holding poste al di fuori del perimetro della pubblica 
              amministrazione e dedicate alla cartolarizzazione di crediti finanziari 
              dello Stato, alienazione di immobili pubblici o privatizzazione 
              di partecipazioni azionarie possedute dallo Stato sarà messo a punto 
              dal ministero dell'Economia entro il prossimo aprile)  Isabella 
              Bufacchi 07-01-2006 IL SOLE 24 ORE  
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          | Patrimonio 
              uno al via |   
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              31 
              dicembre 2005 |   
          | "Operazione 
              fondo immobiliare pubblico al via. Con tre distinti decreti ministeriali 
              è infatti stata disciplinata nei minimi dettagli l'operazione volta 
              a conferire a un fondo comune di investimento una parte degli immobili 
              a uso non residenziale di proprietà dello stato e di altri enti 
              pubblici non territoriali. Il sistema messo a punto dal governo 
              prevede che gli immobili pubblici trasferiti al cosiddetto Fondo 
              immobiliare patrimonio uno siano assegnati da quest'ultimo in locazione 
              all'Agenzia del demanio, che, a propria volta, provvederà a assegnarli 
              in uso ai soggetti pubblici che li utilizzavano prima del trasferimento. 
              Il fondo, a sua volta, emetterà una serie di quote in favore del 
              ministero dell'economia a fronte del pagamento del corrispettivo 
              dovuto per il trasferimento degli immobili. Questo il contenuto 
              di tre diversi decreti adottati lo scorso 23 dicembre rispettivamente 
              dal ministero dell'economia e delle finanze (decreto operazione), 
              da quest'ultimo di concerto con il ministero per i beni culturali 
              (decreto di apporto) e da questi di concerto con il ministero del 
              lavoro (decreto di trasferimento). I provvedimenti sono stati pubblicati 
              sulla G. U. n. 302 del 29 dicembre. Il Fondo immobiliare patrimonio 
              uno Il ministero dell'economia ha deciso di conferire gli immobili 
              pubblici non residenziali al Fondo immobiliare patrimonio uno, gestito 
              dalla Bnl fondi immobiliari sgr. Con i decreti del 23 dicembre scorso 
              sono stati individuati gli immobili da conferire al Fondo e con 
              la pubblicazione in G.U. dei decreti in questione, gli immobili 
              pubblici individuati si intendono immediatamente trasferiti al Fondo, 
              che ne assumerà la formale detenzione giuridica e il possesso materiale 
              a partire dalla regolamentazione del collocamento delle quote che 
              il Fondo stesso è tenuto a emettere nei confronti del ministero 
              dell'economia a fronte del pagamento del corrispettivo derivante 
              dal trasferimento degli immobili, sulla base del valore degli stessi. 
              Il ruolo dell'Agenzia del demanio L'Agenzia del demanio è chiamata 
              a stipulare appositi contratti di locazione con il Fondo patrimonio 
              uno e a pagare il relativo canone. L'Agenzia è poi tenuta a concedere 
              in uso ciascun immobile al soggetto pubblico che lo gestiva prima 
              del trasferimento, sulla base dei canoni e delle condizioni indicate 
              nei decreti. La durata dei contratti di locazione stipulati tra 
              il Fondo e l'Agenzia è di nove anni, rinnovabili per un pari periodo 
              di tempo, salvo disdetta. Gli immobili devono quindi essere utilizzati 
              dagli enti pubblici conformemente all'uso al quale erano destinati 
              in precedenza, con particolare riferimento alle materie igienica, 
              sanitaria, di sicurezza, edilizia e urbanistica. Qualsiasi mutamento 
              d'uso dovrà essere preventivamente autorizzato dal Fondo. La durata 
              dell'assegnazione in uso è pari a quella prevista dal contratto 
              di locazione tra l'Agenzia e il Fondo, ma gli enti pubblici assegnatari 
              potranno recedere anticipatamente. Le regioni e gli altri enti pubblici 
              territoriali sul cui territorio si trovano gli immobili conferiti 
              al Fondo potranno deliberare l'acquisto di uno o più di essi per 
              destinarli alle proprie finalità istituzionali" Gianfranco Di Rago 
               ItaliaOggi 
              - Edilizia e Territorio 31/12/2005  
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          | Immobili 
              stato: Demanio, cessioni per 1 mld |   
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              30 
              dicembre 2005 |   
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              "Due 
                operazioni per la cessione di immobili per un valore complessivo 
                di circa 1 miliardo di euro sono state realizzate ieri attraverso 
                l'Agenzia del demanio. È quanto conferma la stessa agenzia spiegando 
                che con la prima operazione prevede la cessione di 22 immobili 
                a Fintecna. Trovano così collocazione sul mercato gli immobili 
                di Roma, Milano, Torino, Macerata, Asti e altri comuni, ´le cui 
                amministrazioni hanno collaborato con l'Agenzia del demanio consentendo 
                nuove funzioni urbane, di grande impatto sul territorio, per immobili 
                sottoutilizzati o già dismessi dallo stato'. In particolare, vengono 
                venduti a Fintecna immobili come:  
                La Zecca di piazza Verdi e l'Istituto geologico a Roma 
                 Il 
                palazzo Principe Amedeo di Milano  Il 
                palazzo del Lavoro di Torino e quello ex Poste di Trieste 
                 L'atto 
                Demanio-Fintenca ha previsto anche l'alienazione di alcune aree 
                già edificabili e in posizioni strategiche localizzate in vari 
                comuni tra cui Roma, Milano, Asti, Macerata ecc. La seconda operazione 
                riguarda il varo di un nuovo fondo immobiliare, derivato dal cosiddetto 
                Fondo patrimonio 1, con caratteristiche simili al Fondo immobili 
                pubblici, di cui conduttore unico degli immobili utilizzati da 
                soggetti pubblici sarà, ancora una volta, l'Agenzia del demanio. 
                 ItaliaOggi 
                - Edilizia e Territorio 30/12/2005  
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          | Demanio: 
              due nuove vendite per un miliardo |   
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              30 
              dicembre 2005 |   
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              "Lo 
                Stato ha definito ieri due operazioni di vendita di immobili, 
                una diretta, l'altra tramite un fondo, per un importo complessivo 
                che sfiora un miliardo — a riduzione del deficit/pil — con protagonisti 
                agenzia del Demanio, Fintecna e i tecnici del ministero dell'Economia. 
                La prima operazione ha riguardato la vendita a trattativa privata 
                a Fintecna (posseduta al 100% dal Tesoro ma posta fuori dal perimetro 
                della pubblica amministrazione) di un pacchetto di 22 immobili 
                e alcuni terreni edifìcabilì per poco meno di 400 milioni. «Gli 
                immobili oggetto dì questa dismissione sono stati immessi sul 
                mercato e venduti a prezzi di mercato dopo essere stati valorizzali», 
                ha precisato ieri Elisabetta Spitz, direttore dell'agenzia del 
                Demanio. «Sono tutti alienabili, con il parere dei Beni culturali, 
                e hanno tutti una destinazione d'uso privatistica», ha aggiunto. 
                Questo stesso metodo, prima la valorizzazione poi l’alienazione, 
                verrà utilizzalo dal Demanio in futuro per portare avanti il massiccio 
                programma di dismissione e razionalizzazione del patrimonio immobiliare 
                pubblico. Sempre ieri è stato vaiato un nuovo fondo immobiliare 
                pubblico, che dovrebbe chiamarsi Patrimonio Uno perché imbastito 
                da Pspa — ma realizzato nei dettagli dai tecnici del Tesoro e 
                del Demanio che sono riusciti così a ridurre le commissioni - 
                con caratteristiche simili al Fip: anche in questo caso il conduttore 
                unico degli immobili utilizzati sarà l’agenzia del Demanio. Tre 
                atti fondamentali per il via libera a questo fondo sono stati 
                già sottoscritti: il decreto operazione, il decreto apporto e 
                il decreto trasferimento. Il lancio del fondo entro fine anno 
                fa entrare nelle casse dello Stato 570 milioni di euro: la cifra 
                è stata anticipata ieri dalle banche ai ranger (Bnl, Banca Intesa 
                e Morgan Stanley) che hanno finanziato la parte debito e sottoscritto 
                a fermo le quote-equity. Il fondo è composto per il 60% da immobili 
                con sak&rent back (come il Fip) e per il rimanente 40% da immobili 
                commerciali, Parte dell'incasso, 50 milioni di euro, spetterà 
                a Coni servizi che ha contribuito con i suoi immobili. I.B. demanio." 
                "A Fintecna un pacchetto di 22 edifici - Lanciato «PatrimonioUno»"  
                Isabella Buffacchi 30/12/2005, Il Sole 24 Ore  
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          | Ceduti 
              23 immobili a Fintecna per 400 milioni |   
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              29 
              dicembre 2005 |   
          |  
              "Per 
                i conti pubblici 2005 sono giunte ieri due buone notizie in chiusura 
                d'anno: il rimborso anticipato di titoli di Stato per 3 miliardi 
                di euro circa, impiegando il Conto disponibilità per ridurre il 
                debito/Pil, e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei decreti 
                che autorizzano due operazioni di cessione di immobili pubblici 
                per quasi un miliardo, al fine di migliorare il deficit/Pil, sostituendo 
                la mancata vendita di 240 caserme della Difesa prevista nella 
                Finanziaria di quest'anno che avrebbe dovuto fruttare fino a 1,3 
                miliardi (vedere il Sole-24 Ore di ieri). Tenuto conto che l'ultimo 
                giorno del 2005 utile allo Stato per incassare è un pre-festivo 
                (venerdì 30 dicembre) e che la prudenza ha consigliato di evitare 
                il sovraffollamento di fine anno nel sistema dei pagamenti Target, 
                la giornata di ieri è trascorsa con il tradizionale via-vai dei 
                tecnici di Via XX Settembre per mettere a punto gli ultimi complessi 
                dettagli delle operazioni in chiusura registrate dai tipografi 
                della Gazzetta ufficiale. Inevitabile qualche coda: le firme di 
                alcuni contratti di cessione degli immobili tra Fintecna e Agenzia 
                del demanio è prevista questa mattina. Cala lo stock del debito. 
                Per centrare l'obiettivo del debito/Pil, che quest'anno dovrebbe 
                salire al 108,2% contro il 106,6% del 2004, il Tesoro ha messo 
                a segno in chiusura d'anno una serie di operazioni di riduzione 
                dello stock del debito. L'ultima, per l'appunto, è la catena di 
                buy-back chiusi il 22, 23, 27 e 28 dicembre per complessivi 2,958 
                miliardi di euro e resa nota ieri. Per questo riacquisto, via 
                XX Settembre ha dovuto attingere alle eccedenze del Conto di disponibilità, 
                una prassi tra l'altro consolidata, anche perché il fondo di ammortamento 
                per la riduzione dei titoli di Stato è stato pressoché prosciugato 
                lo scorso 15 dicembre per un maxi-rimborso a scadenza di BTp per 
                4,773 miliardi.  Tra 
                le operazioni che hanno contribuito a ridurre lo stock del debito 
                pubblico a dicembre va ricordata la cartolarizzazione Inps6 da 
                cinque miliardi di euro. Il Tesoro, inoltre, ha fatto sapere in 
                ottobre di aver utilizzato il fondo di ammortamento per tre miliardi 
                di euro, mentre in novembre l'uso delle eccedenze del Conto di 
                disponibilità ha consentito il riacquisto di titoli di Stato per 
                726 milioni. Le ultime tantum salva-deficit. Il 2005 è l'ultimo 
                anno per l'Italia contrassegnato con il disco verde dell'Ue che 
                consente il ricorso alle una tantum per ridurre il deficit/Pil: 
                il Governo italiano, infatti, si è impegnato con Bruxelles a tagliare 
                le misure straordinarie sul deficit del 30% l'anno nel triennio 
                2003-2005. E di non farne più a partire dal 2006. La cessione 
                di immobili pubblici ha dunque potuto tener banco in questa chiusura 
                d'anno per l'ultima volta con obiettivo deficit. Così ieri Mef, 
                Agenzia del demanio, Fintecna e le banche Bnl, Banca Intesa e 
                Morgan Stanley arranger del fondo PatrimonioUno hanno finalizzato 
                gli ultimi dettagli di due operazioni di dismissioni di proprietà 
                immobili pubbliche per un totale che non arriva ai mille milioni 
                di euro. Fintecna acquisterà 23 immobili dall'Agenzia del demanio 
                per una cifra che dovrebbe aggirarsi attorno ai 400 milioni di 
                euro (vedere il Sole 24 Ore del 21 dicembre). E gli arranger del 
                fondo sottoscriveranno a fermo e con sconto le quote di PatrimonioUno, 
                finanziando con un prestito la rimanente parte di debito e staccando 
                un assegno per lo Stato per meno di 800 milioni di euro. Questo 
                incasso per lo Stato con vendite di immobili non deve essere frainteso 
                con una vera e propria correzione dei conti pubblici, né tantomeno 
                con una "manovrina extra": piuttosto il Mef ha dovuto sostituire, 
                sia pur con un certo affanno, la mancata realizzazione della vendita 
                di 240 caserme della Difesa inclusa nella Finanziaria 2005, per 
                la quale era previsto il coinvolgimento della Cassa depositi e 
                prestiti. La Cdp, in realtà, è pronta da tempo: ha istituito lo 
                scorso maggio la Dgsps (Direzione gestione e supporto politiche 
                di sviluppo) con il compito di realizzare le iniziative di finanziamento 
                a sostegno delle politiche di sviluppo demandate alla Cassa dal 
                legislatore. Questa nuova direzione gestisce anche i fondi per 
                la dismissione immobili della Difesa: si occuperà della concessione 
                di anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili in 
                uso alla Difesa da dismettere per mezzo del Demanio per un importo 
                tra 954 e 1.357 milioni così come stabilito dalla Finanziaria 
                2005. La vendita delle 240 caserme relativamente a questa cessione 
                non è stata fatta perché gli immobili non sono stati "valorizzati" 
                per tempo: secondo fonti bene informate, molte caserme in vendita 
                si sono rivelate addirittura non accatastate. Dunque invendibili. 
                Il 2005 si chiude senza il lancio della terza cartolarizzazione 
                su cessione di immobili, Scip3, programmata dal Tesoro per velocizzare 
                la vendita delle unità residenziali della Difesa agli inquilini. 
                Resta da vedere se questa securitization riuscirà a vedere la 
                luce l'anno prossimo. Nel 2006 l'attività di alienazione, razionalizzazione 
                e valorizzazione immobiliare dello Stato non si arresterà comunque 
                perché l'ultima Finanziaria ha stabilito che gli incassi provenienti 
                dalla cessione di immobili pubblici confluiranno nel fondo di 
                ammortamento per i titoli di Stato per ridurre il debito/Pil." 
                 Isabella 
                Bufacchi Il Sole 24 Ore 29-12-2005 IL SOLE 24 ORE 
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              Vendite immobiliari per fermare il disavanzo |   
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              dicembre 2005 |   
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              "L'operazione 
                riguarderà anche l’invenduto delle Scip e sedi non strumentali 
                di alcuni ministeri Fintecna e il nuovo fondo Patrimonio 1 verseranno 
                un miliardo al Tesoro Scatta l’ultima manovrina del 2005. Ieri 
                il consiglio d’amministrazione di Fintecna ha approvato l’acquisizione 
                di uno stock di immobili individuati dal Demanio che porteranno 
                sui bilanci pubblici un attivo di 400 milioni. Contemporaneamente 
                è in partenza il fondo immobiliare «Patrimonio 1» (varato con 
                la finanziaria 2005) che acquisterà altri beni per un valore di 
                circa 600 milioni. Complessivamente, quindi, si metterà in cassa 
                un miliardo di euro per consentire all’Italia di centrare il target 
                di deficit concordato con l’Europa: il 4,3%. Quel miliardo non 
                è altro che la cifra che Giulio Tremonti decise di lasciare nel 
                tendenziale 2006 dei 6 miliardi di cessioni immobiliari «nascoste» 
                e rilevate dalla Commissione europea. Gli altri 5 miliardi sono 
                stati reperiti attraverso una nuova manovra inserita poi nel decreto 
                collegato e nella finanziaria 2006. Il fatto è che, almeno per 
                il caso di Fintecna, si ripronone la solita partita di giro (già 
                utilizzata altre due volte) dello Stato che vende a se stesso. 
                È un’operazione contabile che lascia pesanti incognite sul livello 
                effettivo del deficit. I 22 immobili che saranno ceduti alla società 
                pubblica fanno parte dell’invenduto delle altre operazioni immobiliari 
                avviate in questi anni proprio da Tremonti. In altre parole, delle 
                ormai famose Scip 2 e 3 che ancora si ritrovano a metà del guado. 
                Si tratta di immobili tutti alienabiuli, quindi, con destinazione 
                privatistica. Fintecna aveva già acquisito con il decreto di Natale 
                del 2002 le strutture delle manifatture Tabacchi, le torri dell’Eur 
                ed altre strutture per un valore pari a 500 milioni. Sempre la 
                società controllata al 100% dal Tesoro (ma collocata fuori dalla 
                pubblica amministrazione grazie alla sua attività completamente 
                market) acquisì un altro gruppo di edifici un anno più tardi per 
                un valore di 300 milioni. Con l’operazione di questi giorni (tutti 
                i passaggi dovranno concludersi entro il 31 dicembre) si arriva 
                quindi a un miliardo e 200 milioni passati di mano da Fintecna 
                allo Stato. Quanto a Patrimonio 1, il fondo sarà collocato esclusivamente 
                presso investitori istituzionali. Nel fondo confluiranno immobili 
                vanduti dallo Stato per poi essere riaffittati, seguendo il modello 
                già utilizzato per molti uffici e sedi strumentali di alcuni enti 
                previdenziali. In quest’ultimo caso vengono ceduti a patrimonio 
                1 immobili dei ministeri dell’Interno e dell’Economia, dell’Agenzia 
                delle Entrate. Circa il 40% del portafoglio del fondo, però, sarà 
                costituita da edifici ad uso non strumentale: unità commerciali 
                degli enti previdenziali (sempre Inps, Inail e Inpdap) e Coni 
                servizi. Il valore complessivo dovrebbe arrivare a 800 milioni 
                di euro, per un valore netto di 600milioni. Ancora nulla di fatto, 
                invece, per la cessione delle caserme prevista dalla finanziaria 
                2005 che cvrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato 1,3 miliardi 
                di euro. L’operazione è stata rinviata tutta al 2006. La Finanziaria 
                Tremonti prevedeva in origine cessioni immobiliari per 3 miliardi 
                da destinare all’agenda di Lisbona. Dopo un confronto con l’Ue, 
                però, si è deciso di destinare tutti gli incassi da immobili alla 
                riduzione del debito pubblico. "  Bianca 
                Di Giovanni / Roma 29/12/2005, L'Unità 
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          | Sarà 
              taglia-debito la cessione di immobili |   
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              dicembre 2005 |   
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              "A 
                partire dall'anno prossimo, i proventi derivanti 
                dalla dismissione o alienazione del patrimonio immobiliare dello 
                Stato saranno destinati alla riduzione del debito pubblico. La 
                norma, contenuta nel maxi-emendamento in via di approvazione per 
                la Finanziaria 2006, è un vero e proprio spartiacque per la gestione 
                dei conti pubblici in quanto le regole contabili adottate a livello 
                comunitario, e riconosciute da Eurostat, considerano la cessione 
                di immobili come mezzo per contenere il deficit. All'alienazione 
                del patrimonio immobiliare pubblico, il maxi-emendamento riserva 
                in effetti ampi spazi: anche se alcune delle principali misure 
                contenute nel provvedimento, riguardanti la dismissione degli 
                immobili del ministero della Difesa e la vendita delle case popolari 
                ex-Iacp (quest'ultima salvo ripensamenti notturni della maggioranza) 
                non dovrebbero ridurre il debito pubblico, ma piuttosto rimpinguare 
                le casse della Difesa e degli enti territoriali. Immobili e debito. 
                L'Italia ha promesso ai suoi partner europei che dall'anno prossimo 
                non utilizzerà più misure una tantum e operazioni straordinarie 
                per ridurre il deficit/Pil. Anche per questo motivo, oltre al 
                fatto che il rapporto debito/Pil ha ripreso a salire quest'anno 
                e minaccia di farlo anche l'anno prossimo, l'incasso proveniente 
                dalla dismissione degli immobili dal 2006 verrà incanalato nel 
                fondo di ammortamento per riacquistare prima della scadenza o 
                rimborsare a scadenza i titoli di Stato per diminuire lo stock 
                del debito. L'articolo 395 favorisce poi la dismissione di immobili 
                non adibiti a uso abitativo attribuiti in forza di legge a enti 
                privati o fondazioni, se non più utili alle esigenze istituzionali. 
                Il patrimonio della Difesa. Il maxi-emendamento dedica un capitolo 
                piuttosto corposo alle procedure di dismissione degli immobili 
                della Difesa. Il testo fa riferimento in maniera generica ai "beni" 
                di questo ministero ma, secondo fonti bene informate, non riguarderebbe 
                le unità residenziali, le case da mettere in vendita agli inquilini. 
                La partita degli alloggi della Difesa resta aperta: la terza cartolarizzazione 
                Scip3 con la vendita delle case, in stallo da almeno due anni, 
                potrebbe concretizzarsi nel 2006 e questa volta con l'obiettivo 
                di ridurre il debito. Il maxi-emendamento si occupa di altro: 
                una sorta di project-financing voluto dalla Difesa, per reperire 
                nuovi alloggi con i proventi della gestione immobiliare. L'articolo 
                482, al punto a), stabilisce per l'appunto che per le alienazioni, 
                le permute, le valorizzazioni e gestioni dei beni la Difesa può 
                avvalersi del supporto tecnico-operativo di società. Altri beni 
                contenuti nella norma dovrebbero riguardare il lotto caserme: 
                resta da chiarire se si tratta delle vecchie caserme, in vendita 
                già quest'anno ma a tutt'oggi al palo. O nuove caserme, con l'ok 
                dei Beni culturali. L'incasso da queste dismissioni servirà alla 
                Difesa, per finanziare servizi e investimenti fissi lordi e integrare 
                i trasferimenti dello Stato. Case popolari in vendita. Il progetto 
                avanzato dal consigliere economico di Palazzo Chigi Renato Brunetta, 
                che accelera la vendita agli inquilini a prezzi molto bassi (ma 
                in proporzione al canone e non più al valore catastale) delle 
                case popolari ex-Iacp, è entrato e uscito dal maxi-emendamento 
                nel corso della giornata di ieri: in serata risultava come essere 
                stato adottato definitivamente. L'articolo 450 stabilisce che 
                i proventi di queste alienazioni, tramite nuovo iter semplificato, 
                siano destinati alla realizzazione di alloggi, al contenimento 
                degli oneri dei mutui per la prima casa di giovani coppie, a promuovere 
                il recupero sociale dei quartieri degradati e per il sostegno 
                di famiglie in stato di bisogno.  ISABELLA 
                BUFACCHI 14/12/2005 IL SOLE 24 ORE 
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          | Lo 
              Stato cede Rocca ed ex carcere militare |   
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              dicembre 2005 |   
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              "Peschiera. 
                Ben 28mila metri quadrati di area coperta 
                e 50mila a verde: sono i 
                due complessi delle caserme XXX Maggio (ex carcere militare) e 
                della Rocca, situate nel centro storico ed 
                entrate nell’elenco dei beni messi in vendita dal Demanio. A questi 
                spazi, si aggiungono gli oltre cinquemila metri quadrati di coperto 
                e i circa 110mila di verde di pertinenza di Forte Ardietti, che 
                si presenta ancora oggi così come era stato pensato nella metà 
                dell’800 e che è ugualmente finito nella lista delle dismissioni. 
                «Sempre in centro storico c’è tutta la zona di Borgo Secolo: parlare, 
                dunque, di Peschiera in vendita non è un riferimento solo alla 
                qualità del patrimonio storico architettonico che si vuole alienare, 
                ma anche al suo valore quantitativo», commenta Oscar Cofani, architetto 
                che con il suo collega Lino Vittorio Bozzetto ha tenuto una conferenza 
                intitolata appunto «Peschiera in vendita». Vendita nonostante 
                dal 2001 tutto il centro storico, anzi l’intera piazzaforte, sia 
                protetta da decreto di vincolo monumentale, ripreso due anni più 
                tardi, nel 2003, dalla Soprintendenza regionale in occasione del 
                tentativo di dismissione della Palazzina storica. La conferenza 
                degli architetti Cofani e Bozzetto è stata ospitata nella Sala 
                Paolo VI della parrocchia di San Martino perché, hanno detto i 
                relatori, «il Comune non ha concesso altri spazi». Non c’era alcun 
                esponente dell’amministrazione; unico presente, tra i consiglieri 
                comunali, Bruno Dalla Pellegrina. I due tecnici, animatori del 
                centro di documentazione storica sulla fortezza di Peschiera, 
                hanno descritto il patrimonio urbanistico arilicense oggetto della 
                vendita e hanno presentato interrogativi sulle procedure con cui 
                lo Stato persegue la sua politica di vendita. «L’area occupata 
                dalle caserme, in tutto 28mila metri quadrati, è praticamente 
                uguale a quella dell’intero nucleo centrale del paese, 30mila. 
                Innegabile il valore storico dei due compendi, che interessano 
                direttamente i bastioni della fortezza. In particolare la Rocca 
                Scaligera», ha ricordato Cofani, «che ha ospitato anche Dante 
                Alighieri e contiene i resti di una torre di presumibile epoca 
                romana così come altre strutture di assoluto pregio: basti pensare 
                alla ghiacciaia a forma di uovo di 6, 7 metri di diametro». Bozzetto 
                ha sottolineato alcuni passaggi procedurali per arrivare a vendere 
                beni anche quando, come nel caso di Peschiera, sono vincolati. 
                «Le stranezze», ha detto Bozzetto, «sono molte, tecniche e di 
                scelta. La motivazione per cui 
                si decide di vendere certe strutture è, infatti, “renderle produttive”. 
                Secondo alcune statistiche, le autostrade pagano con gli incassi 
                di due giorni i canoni di affitto dell’intero anno. Nonostante 
                questo, nessuno lamenta la loro scarsa produttività, come avviene 
                invece con i beni del Demanio», ha evidenziato Bozzetto. 
                «E poi vi sono le procedure, attuate per rendere difficile la 
                verifica dei vincoli, quindi dell’inalienabilità, da parte delle 
                Soprintendenze. Queste istituzioni si ritrovano con tempi sempre 
                più stretti per poter rispondere e un’ormai cronica, e direi anche 
                voluta, carenza di personale che non può che facilitare l’attuazione 
                di quel silenzio-assenso che si traduce in una via libera alle 
                vendite». Il quadro è «reso 
                ancora più confuso da norme pubblicate all’interno di decreti 
                che hanno oggetti diversi: l’articolo 3 di un decreto legge dell’ottobre 
                2005 sugli aeroporti», ha detto Bozzetto, «contiene informazioni 
                sulla dismissione di beni immobili: in 30 righe vi sono 18 rinvii 
                ad altre leggi che, a loro volta, rimandano ad altre norme. Un 
                modo per toccare l’operatività dei controlli da attuare per i 
                pareri sulle inalienabilità». «Sorprende», ha proseguito Bozzetto, 
                «che tutte queste manovre siano condotte con atti di imperio 
                dai ministeri senza che siano presi in considerazione i Comuni 
                in quanto rappresentanti della comunità. Il nostro augurio», 
                ha concluso Bozzetto, «è che la nostra amministrazione sappia 
                cogliere questo momento nel migliore dei modi». Ha aggiunto 
                Cofani: «Proviamo a pensare insieme a cosa si potrebbe fare perché 
                è chiaro a tutti che le leggi non aiutano le piccole realtà locali. 
                I Comuni non hanno fondi per acquisire o gestire da soli i beni. 
                In mancanza di risorse provenienti anche dall’estero, basti pensare 
                al finanziamento europeo per il recupero della Cacciatori, si 
                rende indispensabile la partecipazione di capitali privati. Ma 
                anche in questo caso, l’ente pubblico dovrebbe mantenere un ruolo 
                preminente: di controllo e di diritto di vigilanza sulla struttura 
                e la sua futura destinazione, e di coordinamento tra i vari attori 
                degli interventi. Pensiamo che Peschiera meriti questo tentativo, 
                e che l’amministrazione comunale possa sentirsi appoggiata dalla 
                cittadinanza nel caso decida di intraprendere questo tipo di percorso». 
                 Giuditta 
                Bolognesi Venerdì 9 Dicembre 2005 ARENA  
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          | Patrimonio 
              Uno sotto tiro |   
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              dicembre 2005 |   
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              "I 
                presidenti 
                di Inps, Inail e Inpdap contro il fondo allo studio dell'Economia. 
                Nuova alzata di scudi di Inps, Inail e Inpdap contro l'ultimo 
                ritrovato, da parte del Tesoro, per la la politica di dismissioni 
                degli immobili pubblici.  I 
                presidenti dei tre enti previdenziali, rispettivamente 
                Marco Staderini, Vincenzo Mungari e Gian Paolo Sassi, hanno inviato 
                nei giorni scorsi una lettera al direttore generale del Tesoro 
                Vittorio Grilli per "notificare" il proprio «rispettoso e fermo 
                dissenso al dichiarato proposito di costituire un fondo, denominato 
                Patrimonio Uno, per ulteriori trasferimenti coattivi di immobili 
                a uso non residenziale». Dopo quelli già realizzati lo scorso 
                anno «che suscitarono forti e diffuse reazioni» da parte dei vertici, 
                del personale e dei sindacati, confederali e di base. I toni della 
                missiva sono tanto rispettosi quanto minacciosi. I presidenti 
                dei tre enti ricordano come i Consigli di amministrazione abbiano 
                deciso di astenersi dall'intraprendere iniziative giudiziarie 
                in seguito alle accese proteste suscitate dalle «cessioni coattive 
                al Fip». «Ci permettiamo consigliare l'astensione da provvedimenti 
                che avrebbero per effetto di ricreare nei tre enti una situazione 
                di estrema tensione — ammonisce la lettera — che rischierebbe 
                di portare a una paralisi prolungata l'attività degli enti medesimi" 
                II fondo Patrimonio Uno, il primo strumento immobiliare a firma 
                di Patrimonio dello Stato spa, finisce cosi nuovamente al centro 
                delle polemiche. Il suo lancio, inizialmente previsto per il 2004, 
                è stato rinviato al 2005 ma non è ancora chiaro se le sue quote 
                verranno vendute agli investitori (istituzionali di sicuro, privati 
                forse) entro fine anno. La gestazione di Patrimonio Uno è stata 
                finora sofferta, puntellata, da molti "se" e tanti "ma". Anche 
                se va detto che, nel caso in cui il ministero dell' Economia dovesse 
                aver bisogno di 800 milioni di euro extra per far quadrare i conti 
                entro la fine dell'anno, il fondo vedrà la luce alla svelta. Per 
                Patrimonio Uno, la strada finora è stata comunque tutta in salita. 
                Pspa e Tesoro hanno incontrato non poche difficoltà nel formare 
                un portafoglio omogeneo e di grandezza adeguata di immobili pubblici 
                da dismettere- nella lista dei "venditori", oltre agli enti previdenziali, 
                si è parlato di agenzia del Demanio, Fmtecna, Fs, Coni servizi 
                e agenzia delle Entrate. E la partecipazione di Inps, Inail e 
                Inpdap, come dimostra la lettera, non deve essere data per scontata. 
                Anche sulle modalità di collocamento delle quote di questo fondo, 
                il percorso non è stato affatto lineare; in un primo momento Patrimonio 
                Uno avrebbe dovuto presentarsi come uno strumento d'investimento 
                per gli investitori istituzionali e per i privati, riservando 
                una quota delle vendite al dettaglio. Questa struttura sarebbe 
                stata in un secondo momento bocciata dal ministero del Tesoro, 
                quando Domenico Siniscalco sedeva ancora sulla poltrona di ministro. 
                Dunque, le sorti di Patrimonio UDO sono a tutt'oggi incerte: secondo 
                fonti bene informate, il fondo è pronto per decollare in qualsiasi 
                momento. Ma restano le incognite: quale sarà il ruolo degli enti 
                previdenziali che minacciano di dar battaglia? Fino a che punto 
                il Tesoro ha bisogno di questi 800 milioni di euro entro il 31 
                dicembre 2005"  BUFACCHI 
                ISABELLA SOLE 24 ORE 07/12/2005  
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          | Superholding 
              contro il debito |   
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              dicembre 2005 |   
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              Una 
                superholding posta al di fuori dal perimetro della pubblica amministrazione, 
                da 400 o addirittura 500 miliardi di euro, contenente immobili, 
                crediti, concessioni e partecipazioni azionarie dell'amministrazione 
                centrale e non solo, che possa collocare le sue azioni al grande 
                pubblico e che sia in grado di emettere titoli di debito per far 
                cassa. Un'operazione che, per la sua portata storica, potrà però 
                essere costruita solamente contando su un ampio consenso politico 
                e solidi accordi bipartisan, sul sostegno trasversale del Parlamento 
                e, non da ultimo, sul coinvolgimento obbligatorio dei 100-200 
                miliardi di euro di patrimonio mobiliare e immobiliare degli enti 
                locali. È questo il mix di concertazione politica e ingegneria 
                finanziaria che dovrebbe consentire all'Italia di ridurre il debito/Pil 
                del 25-30%, riportare questo rapporto (nel 2004 al 106,6% e quest'anno 
                prevedibilmente al 108,2%) attorno a quota 70-80% e risolvere 
                con una sforbiciata epocale il problema numero uno della finanza 
                pubblica, liberando risorse per il rilancio della crescita economica. 
                Su questi duplici obiettivi, di scelte politiche e tecnicalità 
                finanziarie, convergono oramai gli ultimi orientamenti della task 
                force del ministero dell'Economia, coadiuvata da un nugolo di 
                investment bank italiane ed estere, che proprio in questi giorni 
                è alle prese con l'elaborazione del piano di fattibilità per la 
                creazione di una maxi-Spa taglia-debito fuori della pubblica amministrazione. 
                L'ipotesi valutata inizialmente dal Mef (ministero del'Economia 
                e delle finanze) di una Superholding da 150-200 miliardi di euro, 
                concentrata sul trasferimento di asset posseduti unicamente dell'amministrazione 
                centrale, sarebbe stata surclassata da un progetto più ambizioso 
                che punterebbe a dimensioni ben più elevate: una spa tra i 300 
                e i 500 miliardi di euro. Il raddoppio della portata dell'operazione 
                permette infatti di intervenire sul debito/Pil in maniera decisiva 
                e risolutiva. I tempi però stringono. Entro la fine dell'anno 
                il ministro dell'Economia Giulio Tremonti sarà chiamato a scegliere 
                quale strada imboccare: perseguire il percorso dei piccoli passi, 
                della micro-riduzione del debito/Pil con privatizzazioni da 10-15 
                miliardi di euro l'anno e un ritorno a un buon avanzo primario 
                (sia pur in un contesto di bassa crescita) oppure dare un taglio 
                netto al problema con una superholding ispirata alla provocatoria 
                proposta avanzata dal professor Giuseppe Guarino sulle pagine 
                di questo giornale (si veda «II Sole-24 Ore» del 24 maggio 2005). 
                I tempi sono stretti perché il debito/Pil rischia di salire nel 
                2006, per il secondo anno consecutivo, se le buie previsioni dell'Ocse 
                dovessero concretizzarsi. Un segnale pericoloso per i mercati 
                e le agenzie di rating che finora hanno concesso all'Italia il 
                benefìcio del dubbio di un debito/Pil che lieviterà solo quest'anno 
                per poi riprendere la tendenza virtuosa del ribasso già dall'anno 
                prossimo. Una soluzione per arrestare l'ascesa del debito/Pil, 
                caldeggiata dalle banche d'investimento più conservatrici, punta 
                in realtà sulla mera dismissione delle rimanenti quote azionarie 
                di Eni ed Enel in mano al Tesoro. Dopo la chiusura del ciclo di 
                queste due privatizzazioni, la superholding senza le due galline 
                dalle uova d'oro però non avrebbe più senso. Ecco perché Tremonti 
                è incalzato dai giorni che passano in un contesto di campagna 
                elettorale. Prima di gettare la spugna sul progetto della super-spa, 
                il Mef intende dnnque vederci chiaro fino in fondo. Intende valutare 
                nelle prossime due-tre settimane se una superholding da 400 miliardi 
                di euro è veramente fattibile. Gli asset, stando alle proiezioni 
                delle investment bank interessate al progetto, non mancano e il 
                loro valore inespresso è molto elevato: anche se, per far quadrare 
                il cerchio, bisognerà trovare il modo di coinvolgere il ricco 
                patrimonio degli enti locali. Gli asset allo studio sono stati 
                al momento suddivisi in varie categorie: i crediti (fiscali e 
                non); le partecipazioni azionarie (di società quotate e non, escluse 
                forse le Fs dalle quali è diffìcile estrarre valore); gli immobili 
                (per ora risultano esclusi i beni culturali storico-artistici 
                anche se i 2,2 milioni di "pezzi" immagazzinati possono valere 
                svariate decine di miliardi di euro); le concessioni. Su un patrimonio 
                dello Stato da oltre 1.700 miliardi di euro non è poi difficile 
                individuare una fetta di attivo da 300-500 miliardi. Neppure la 
                struttura della superholding preoccupa gli addetti ai lavori: 
                quotata o non quotata in Borsa, con o senza rating. E non impensieriscono 
                più di tanto Bruxelles oppure Eurostat. Il nodo della questione 
                appare al momento semmai un altro: il consenso politico, gli accordi 
                bipartisan, il sostegno trasversale del Parlamento. Una superholding 
                taglia-debito non si può creare dall'oggi al domani con un decretino-legge 
                o a colpi di fiducia: servirà un anno di lavoro per allestire 
                il progetto e occorreranno leggi su leggi, un impianto legislativo 
                varato a quattro mani."  
                BUFACCHI ISABELLA: SOLE 24 ORE ECONOMIA E POL. INTERNA , 02 dic 
                2005 
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          | Il 
              patrimonio dello Stato per ridurre il debito |   
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              "Toma 
                a salire il debito pubblico e torna d'attualità l'idea di abbatterlo 
                utilizzando il patrimonio dello Stato. La suggestione è stata 
                rilanciata nei giorni scorsi dal ministro dell'Economia Giulio 
                Tremonti. Si tratterebbe di creare una superholding, fuori dal 
                perimetro della pubblica amministrazione, alla quale conferire 
                un po' di tutto -immobìli e foreste, spiagge e caserme, i crediti, 
                le partecipazioni societarie - attingendo sia al patrimonio dello 
                Stato centrale sia a quello dei governi locali collocando poi 
                sul mercato le quote della nuova società e finalizzando il ricavato 
                all'abbattimento del debito. Gli osservatori più attenti concordano 
                sul fatto che proprio il debito, tornato a crescere dopo dieci 
                anni, giunto ormai alla soglia del 110 per cento, sarà il problema 
                principale della prossima legislatura: destinato, secondo alcuni, 
                a scalzare dal tavolo le discussioni sul deficit che hanno tenuto 
                banco negli ultimi anni. Di questo è consapevole anche il centrosinistra. 
                Rispetto all'ipotesi Tremonti, non c'è entusiasmo: ma, almeno 
                ufficiosamente, la strada indicata dal ministro, a parte il "niet" 
                quasi pavloviano di Vincenzo Visco, non viene bocciata a prescindere. 
                Il problema del debito sarà tale anche per un governo unionista, 
                soprattutto con la risalita dei tassi d'interesse. Sta di fatto 
                che in alcuni dei posti chiave per quella che potrebbe essere 
                l'operazione che caratterizzerà i prossimi cinque anni di governo 
                - di qualunque colore - siedono personaggi non sgraditi, o stimati 
                anche a sinistra: da Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, 
                al quale spetta il compito di studiare tecnicamente la fattibilità 
                del progetto, a Elisabetta Spitz, potente direttore del Demanio, 
                per le cui mani passa il destino di immobili e terreni di proprietà 
                pubblica, fino allo stesso Massimo Ponzellini, attuale guida di 
                Patrimonio spa, da sempre legato a Romano Prodi (nonostante qualche 
                recente ruggine). Tra i decisamente favorevoli all'ipotesi della 
                superholding stanno, in prima fila, i principali poteri economici 
                e finanziari del paese, ai quali spetterebbe affiancare il governo 
                nella realizzazione dell'operazione; sia come investitori istituzionali 
                (assicurazioni, fondazioni, fondi pensioni, banche italiane ed 
                estere), che come gestori del collocamento (le banche). Immettere 
                sul mercato titoli per importi pari a 30 o 40 miliardi di euro 
                l'anno significa, per le banche, incassare commissioni tra lo 
                0,6 e il 2 per cento. Un affare niente male, superiore perfino 
                ai potenziali guadagni che potrebbero realizzare gli immobiliaristi 
                mediante operazioni di compravendita del patrimonio pubblico. 
                Per questo, anche se nel merito una parte della comunità finanziaria 
                guarda all'operazione con sufficienza (c'è un fattore scatole 
                cinesi che non convince), di sicuro non saranno i poteri forti 
                ad opporvisi. Tra i decisamente contrari, invece, ci sono gli 
                enti locali, fermamente intenzionati ad evitare che i propri asset 
                vengano spostati nella nuova società. In loro difesa è sceso in 
                campo Roberto Maroni, ribadendo che l'eventuale decisione di alienare 
                il patrimonio dei governi locali non spetta certo al governo centrale. 
                Qualcuno osserva che probabilmente, lo sbarramento di Maroni andrebbe 
                letto anche in chiave di ripicca per la freddezza del collega 
                Tremonti nei confronti della riforma del Tfr, rinviata al 2008 
                con disappunto del ministro del Welfare. Nella maggioranza, comunque, 
                il tema delle superprivatizzazioni tocca altri nervi scoperti, 
                soprattutto per quanto concerne la cessione di pezzi importanti 
                del patrimonio demaniale, caserme in testa; in occasione del recente 
                rimpasto di governo, l'Udc aveva fatto forti pressioni perché 
                la delega sul demanio passasse dalle mani del sottosegretario 
                Maria Teresa Armosino, di Forza Italia, a quelle di Michele Vietti, 
                esponente dello stesso partito di Casini e Follini (il quale è 
                anche il consorte della signora Spitz). Alla fine, il braccio 
                di ferro è stato vinto dalla Armosino, che tuttavia deve ogni 
                giorno combattere la sua battaglia contro l'attivismo della responsabile 
                del Demanio: desiderosa, si dice, di sempre maggiore autonomia 
                nella gestione del patrimonio pubblico."  
                Il Foglio 1/12/2005  
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          | P. 
              SPA: Elenco degli immobili in asta |   
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              ottobre 
              2005 |   
          | "Denominazione 
              Indirizzo Tipologia Località Base d'asta Isolotti lagunari Zona 
              Pili Terreno Venezia € 4.890.000 Terreno porto mercantile Lungolago 
              Garibaldi, 11 Terreno Peschiera del Garda (Verona) € 3.360.000 Ex 
              carcere Via Piangipane, 81 Fabbricato Ferrara € 3.150.000 Centro 
              ittico Lungomare Caboto Fabbricato Gaeta (Latina) € 4.900.000 Assistenziato 
              pro liberati dal Carcere Via San Cosma fuori Porta Nolana, 44 Fabbricato 
              Napoli € 11.540.000 Aree agricole pianeggianti Località Pelaggine 
              Terreno Bernalda (Matera) € 769.000 Ex deposito munizioni Località 
              Poggio Pignatelli Fabbricato Campo Calabro (Reggio Calabria) € 3.142.000 
              http://www.patrimoniodellostato.it/asta9-9/elenco.htm 
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          | Fari 
              militari come alberghi e ristoranti |   
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              ottobre 2005 |   
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              "Lo 
                Stato batte cassa e cede, seppure in prestito, i suoi gioielli 
                di famiglia. Molti, soprattutto gli ambientalisti, speravano che 
                non se ne facesse nulla. Ed invece sta prendendo corpo il progetto 
                della smobilizzazione dei beni pubblici, in cui rientra la valorizzazione 
                turistica degli 88 fari costieri italiani, che resteranno sempre 
                di proprietà della Marina Militare Italiana, ma ceduti in prestito 
                alle Agenzie del Demanio che dovranno trasformarli in originali 
                alberghi, ristoranti o approdi nautici. La notizia è apparsa sul 
                sito di Sviluppo Italia che gestirà l’operazione. Sono 88 i fari 
                militari in Italia, 9 al Nord, 13 al centro e 66 al Sud. A seconda 
                della loro ubicazione geografica e logistica, saranno infatti 
                divisi in 5 categ: fari del benessere (destinati cioè ad alberghi, 
                e Capo d’orso rientrerà tra questi), fari del gusto, cioè ristoranti, 
                fari del mare (approdi per imbarcazioni) e fari del viaggiare 
                (simili agli autogrill). Non dobbiamo gridare allo scandalo perché 
                i fari come luogo di attrazione turistica sono all’ordine del 
                giorno in Norvegia, un modo nuovo per scoprire i suoi fiordi, 
                ed in Slovenia, dislocati soprattutto sulle isolette rocciose. 
                Destinato al ruolo di faro del benessere, cioè piccolo albergo, 
                anche il faro di Capo d’Orso, tuttora attivo, giudicato da Sviluppo 
                Italia uno dei più attraenti d’Italia. Capo d’Orso è aggrappato 
                alle rocce tra Salerno ed Amalfi, e dai suoi pinnacoli si apre 
                uno dei panorami più suggestivi al mondo, con Conca dei Marini, 
                l’isola dei Galli e in fondo i faraglioni di Capri. Un'ottima 
                idea per rilanciare il turismo italiano ed al Sud, dove finora 
                nessuno ha idee originali. Ma i timori non mancano. Capo d’Orso 
                finora è scampato alla speculazione grazie alle servitù militari. 
                Speriamo non si ripetano i giorni del Fuenti."  (Aldo 
                Primicerio) 16/10/2005, Economedia  Trasformazione 
                in hotel per 88 fari; Italia Navigando investe nel progetto. 
                L'agenzia del Demanio ha lanciato un progetto per la valorizzazione 
                e la trasformazione di 88 fari che attualmente sono sotto il controllo 
                della Marina militare ma che non hanno più alcun interesse militare. 
                A breve sarà pronto il bando che affiderà a privati la gestione 
                dei fari che potranno essere trasformati in alberghi, ristoranti 
                e centri ricerca. Gli 88 fari selezionati sono stati suddivisi 
                in 5 categorie di riqualificazione: benessere, gusto, ricerca, 
                mare, viaggiare. Nove sono ubicati nel Nord Italia, 13 nel Centro, 
                66 al Sud (27 in Sicilia e 13 in Sardegna). Non saranno messi 
                in gara singolarmente ma in lotti. Sviluppo Italia, con Italia 
                Navigando, sarà impegnato nel progetto 'fari del viaggiare', dati 
                in concessione per lo sfruttamento economico come piccoli alberghi, 
                porti turistici, 'autogrill' del mare o centri espositivi" TTG 
                Italia, 16/10/2005 
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          | Cartolarizzazioni: 
              il piano in 4 anni |   
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              5 
              ottobre 2005 |   
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              "Altro 
                che "pillole avvelenate" in dotazione alle società privatizzabili. 
                Il veleno è l'ultima cosa che il Tesoro intende vendere al mercato. 
                L'introduzione in Finanziaria, «ai fini del completamento del 
                processo di privatizzazione», di una norma mirata a proteggere 
                le società di interesse nazionale da scalate ostili, con strumenti 
                finanziari partecipativi, dovrà consentire al Tesoro di ridurre 
                all'osso (prevedibilmente il 10%) la sua attuale partecipazione 
                in Eni, Enel e Finmeccanica. La dismissione delle quote di 
                azioni ancora in mano allo Stato, anche in settori "strategici", 
                è destinata infatti a divenire lo strumento principe per ridurre 
                il debito pubblico nei prossimi anni e rispettare così gli 
                obiettivi di discesa del debito/Pil nel Dpef 2006-2009, confermati 
                nella Relazione previsionale e programmatica 2006 e basati su 
                un intreccio di ipotesi di saldo primario, crescita Pil e dismissioni 
                di asset per 45 miliardi: di cui la fetta più grossa in privatizzazioni 
                di società. L'ambizioso, per non dire irrealistico, Dpef 2005-2008 
                prevedeva di ridurre il debito a colpi di accetta, cedendo asset 
                pubblici per 100 miliardi di euro al ritmo di 25 miliardi l'anno. 
                Questa ipotesi di lavoro, elaborata nello scenario più ottimistico 
                contenuto nel Piano di privatizzazioni 2005-2008 a opera di Patrimonio 
                dello Stato spa e Kpmg, puntava su massicce cartolarizzazioni 
                di crediti finanziari (poco meno di 30 miliardi), su corpose dismissioni 
                immobiliari (38 miliardi compresi quelli degli enti locali), su 
                privatizzazioni di quote azionarie (fino a 30 miliardi) con protagonista 
                la Cassa depositi e prestiti. Il nuovo Dpef 2006-2009 ha ridimensionato 
                questo programma. I 100 miliardi di euro del 2005-2008 sono divenuti 
                45 nel 2006-2009: o anche 60 miliardi nel periodo 2005-2009 se 
                si tiene conto di 15 miliardi di quest'anno. Stando a fonti bene 
                informate, nella nuova impostazione 2006-2009 sono cambiate le 
                dosi della miscela di securitization di crediti, cessioni di immobili 
                e dismissioni azionarie. Il pool delle attività finanziarie cartolarizzabili 
                — i crediti insoluti Inps sono arrivati quest'anno alla sesta 
                edizione — non è un pozzo senza fine: e non è emersa finora la 
                volontà del Tesoro di ampliare questo bacino attingendo ai crediti 
                d'imposta vantati dallo Stato. Il timore di trovarsi a dover raschiare 
                il fondo del barile ha ridotto le attese di incasso per gli anni 
                futuri da questo tipo di strumento: ne è la prova il ritardo della 
                securitization sui crediti per la ricerca e l'innovazione emerso 
                nell'ultimo dato di fabbisogno. In quanto alla vendita di immobili 
                mirata alla riduzione del debito, il progetto è stato curato da 
                vicino dall'ex-mini-stro dell'Economia Domenico Siniscalco. Questo 
                piano, a tutt'oggi una bozza in un cassetto chiuso a chiave a 
                doppia mandata, prevedeva una modifica della legge istitutiva 
                del fondo di ammortamento per i titoli di Stato, al fine di allungare 
                con la cessione di proprietà immobiliari pubbliche la lista degli 
                incassi mirati esclusivamente a rimpinguare il fondo per ridurre 
                il debito. Giulio Tremonti, rientrato alla guida del ministero 
                di Via XX Settembre, intende innanzitutto usare le dismissioni 
                immobiliari (vietate a partire dal 2006 su deficit/Pil) come entrata 
                straordinaria per finanziare fino a 3 miliardi di investimenti 
                previsti dall'agenda di Lisbona: non è ancora chiaro se il neo-ministro 
                porterà avanti in parallelo il programma di dismissioni indirizzate 
                alla riduzione del debito (con l'immancabile disco verde di Eurostat). 
                Per abbattere lo stock del debito pubblico e raggiungere la soglia 
                del 100,9% debito/Pil per il 2009, al Tesoro non resta altro che 
                concentrarsi sul programma delle privatizzazioni. La lista delle 
                quote azionarie in società pubbliche o quasi-pubbliche ulteriormente 
                vendibili è lunga. C'è un po' di tutto: dalla Zecca alla Cdp, 
                dalle Poste alla Rai, da Fincantieri a Snam Rete Gas e Terna, 
                per finire alle partecipazioni residue in Eni, Enel e Finmeccanica. 
                L'opzione di vendere le quote strategiche alla Cdp sarebbe tramontata 
                perché la Cassa deve rispettare i paletti imposti dalle agenzie 
                di rating e dalle Fondazioni. Per consentire al Tesoro di vendere 
                al mercato scendendo sotto la soglia del 30% nelle tre società 
                più strategiche (soprattutto Eni per la quale la golden share 
                è meno facilmente esercitabile), la Finanziaria prevede una sorta 
                di "pillola avvelenata" per permettere allo Stato di rientrare 
                in possesso delle società privatizzate nel caso di minaccia di 
                scalate veramente ostili. Restano però numerosi punti da chiarire 
                al mercato. L'articolo 55 fa riferimento alle «società di interesse 
                nazionale»: quali sono? Viene menzionata una «qualificata» partecipazione 
                azionaria dello Stato: cosa significa qualificata? 5%, 10%, 15%? 
                E ancora: questa partecipazione deve essere diretta o può essere 
                indiretta?"  
                Isabella Buffacchi Il Sole 24-Ore, 5/10/2005  
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          | Vendono 
              tutto, anche le spiagge |   
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              luglio 2005 |   
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              "Grandi 
                e intatte spiagge demaniali, cioè di tutti, potranno essere concesse 
                a privati per mega-strutture turistiche, in soli quattro mesi 
                e col meccanismo del silenzio/assenso. Basta che passi l’articolo 
                14 del disegno di legge sulla competitività (turistica, in questo 
                caso) in discussione da domani alla Camera. Articolo sciagurato, 
                degno figlio della concessione novantennale (in pratica, una vendita) 
                degli arenili demaniali, che soltanto l’indignazione di un’opinione 
                che s’indigna sempre meno ha seppellito o almeno rinviato. A riprova 
                che, se potesse, questo governo venderebbe il patrimonio pubblico 
                a fette per la gioia degli immobiliaristi vecchi e nuovi, nella 
                legge sulla competitività è stata inserita questa norma la quale 
                autorizza sulle spiagge demaniali libere (le più appetite 
                dalla speculazione) grandi insediamenti turistici “di qualità”. 
                Cioè? Insediamenti turistici che occupino perlomeno 250 persone. 
                Il che vuol dire, come minimo, hotel decisamente importanti o 
                villaggi turistici. L’opposto di quelle strutture leggere, esterne 
                alla fascia più propriamente pubblica, rimuovibili adatte al turismo 
                rispettoso dell’ambiente e del paesaggio che un Paese intelligente 
                può consentire senza dissipare in cemento la propria bellezza, 
                patrimonio di tutti. Certo, i costruttori dovranno presentare 
                uno studio di fattibilità del progetto. Certo, restano ferme 
                le salvaguardie previste dal Codice Urbani. Queste ultime, peraltro, 
                notevolmente indebolite rispetto a quelle preesistenti: non c’è 
                più il potere di bocciatura da parte delle Soprintendenze; 
                è stato reso soltanto consultivo il loro parere preventivo. 
                Le Regioni poi vengono invogliate ad essere più arrendevoli: 
                la loro quota sui canoni di concessione salirà infatti dal 10 
                al 20 per cento. Importante, perché il disegno di legge affida 
                alle Regioni la regìa degli accordi di programma in proposito. 
                Che per di più godranno di una procedura accelerata e semplificata. 
                Col premio finale di un bel silenzio/ 
                assenso. «Un immenso pasticcio» 
                il cui vero scopo è quello di aprire ai privati un uso esteso 
                del bene collettivo rappresentato dalle spiagge demaniali. Così 
                commenta il Wwf Italia. Tali norme, oltre tutto, rappresentano 
                una evidente invasione di campo nelle competenze regionali. 
                Se approvate, premierebbero quelle Regioni, a cominciare dalla 
                Sicilia, le quali hanno consentito di tutto alle spalle degli 
                arenili demaniali (e pure su di essi), convalidando in linea di 
                principio la loro politica dissennata. Mentre punirebbero Regioni 
                come la Sardegna che, con la Giunta Soru, ha adottato un decreto 
                salva-coste stabilendo :  
                a) un vincolo permanente di inedificabilità entro la fascia dei 
                300 metri dalla battigia ;  
                b) un vincolo transitorio di inedificabilità, in attesa dei nuovi 
                piani paesistici, tra i 300 metri e i 2 Km .  Come 
                dire che dal governo centrale guidato da Silvio Berlusconi (che 
                sempre immobiliarista nasce) ci si devono aspettare soltanto cattivi 
                esempi ed incentivi a proseguire nella distruzione del patrimonio 
                ambientale. La "filosofia" del centrodestra berlusconiano è sempre 
                più chiara : tutto ciò che è patrimonio pubblico va, nella più 
                ampia misura possibile, privatizzato. L'interesse generale, collettivo 
                evapora e viene sostituito da tanti interessi individuali. Il 
                governo cerca così di "fare cassa", nel disperato tentativo, largamente 
                fallito, di ridurre le imposte e di turare le falle aperte nel 
                bilancio dello Stato da una politica rivelatasi disastrosamente 
                inefficiente oltre che populistica. Una politica che, coi ripetuti 
                condoni in vari ambiti, ha minato ancor più il debole senso civico 
                dei cittadini spingendoli all'evasione (fiscale, contributiva, 
                ecc.) e alle violazione delle norme urbanistiche, in attesa di 
                nuove sanatorie. Nel settore ampio e strategico dei beni culturali 
                di proprietà pubblica il governo Berlusconi ha letteralmente ribaltato 
                un principio-cardine vigente in Italia già negli Stati pre-unitari 
                (come Granducato di Toscana e Stato Pontificio) : non più tutti 
                questi beni sono inalienabili salvo eccezioni, ma 
                tutti divengono alienabili salvo eccezioni. 
                Tocca stabilirle a Soprintendenze 
                già sepolte di pratiche e con pochissimi tecnici. Per "fare cassa", 
                si sono ovviamente semplificate e accelerate le procedure. Di 
                qui l'uso sempre più ampio delle cartolarizzazioni che, come ha 
                più volte dimostrato uno specialista, il prof. Giuseppe Pisauro, 
                erano fino a ieri tipiche di Paesi emergenti (Venezuela, Messico, 
                ecc.) di dubbia fama finanziaria. Esse dovevano presentare tassi 
                di interesse più bassi rispetto ai titoli pubblici standard e 
                invece pagano interessi maggiori. Dovevano servire a mandare a 
                Bruxelles bilanci presentabili, e invece, nel 2002, Eurostat ha 
                bocciato proprio le cartolarizzazioni di immobili e del lotto. 
                Ceduti gli immobili pubblici, con gli inquilini dentro, alle varie 
                Scip, Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici srl" (col 50 
                per cento di capitale olandese fra Stichting Thesaurum e Stichting 
                Palatium), dovevano venire accelerati i processi di dismissione. 
                Cosa che per lungo tempo non è avvenuta. Certo, il governo centrale 
                ha spinto alcuni grandi Comuni e talune Regioni ad imitare questo 
                disinvolto modello. Così la Regione Lazio ha cartolarizzato 39 
                ospedali pubblici su 41 cedendoli ad una sua società da cui ha 
                ricavato una certa entrata (un pannicello caldo per il deficit 
                della Regione, fra le più indebitate), ma alla quale ora deve 
                continuare a pagare un affitto. Il Tesoro ha insistito in questa 
                strategia, a danno di Inps, Inail e Inpdap le cui sedi (rispettivamente 
                43, 22 e 8 immobili) - se il Consiglio di Stato non correggerà, 
                come si spera, un primo giudizio del Tar del Lazio - verranno 
                messi all'asta ad un valore sottostimato e a tempi brevissimi. 
                "Uno splendido assist alla speculazione finanziaria e immobiliare", 
                l'ha definito Franco Lotito dell'Inps. Lo stesso meccanismo sta 
                investendo gli immobili della Difesa, abitati per lo più da pensionati 
                a reddito medio-basso o basso, i quali non potranno certo comprare 
                quegli alloggi. Intanto sta per partire, dopo Scip 1 e Scip 2, 
                anche Scip 3, senza tener conto - osserva Pisauro - che "le 
                cartolarizzazioni non sono semplicemente un'anticipazione di entrate. 
                Esse hanno un costo e, in un'ottica pluriennale, costituiscono 
                un onere per la finanza pubblica". Ma intanto, come spiegano bene 
                Giuseppina Paterniti e Angelo Fodde nel bel libro- inchiesta "Lo 
                stivale di carta" (Editori Riuniti), "prima si cartolarizza, poi, 
                da una cartolarizzazione all'altra, si cambiano le regole, poi 
                si vende d'urgenza a trattativa privata, poi si ricambia la cartolarizzazione, 
                poi si decide di vendere a trattativa privata senza urgenza e, 
                infine, si decide di vendere e riaffittare". Come ha fatto Storace 
                con gli ospedali del Lazio. Dalla finanza creativa a quella distruttiva. 
                Chi vivrà, vedrà. Già, ma cosa vedrà? Macerie fumanti, temo." 
                 Vittorio 
                Emiliani L'Unità, 04/07/2005 
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          | Lo 
              Stato svende: i media chiudono gli occhi |   
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              luglio 2005 |   
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              "Resta 
                solo da chiedersi 
                perché di una simile indecenza si sia 
                parlato così poco». Sono le parole 
                con cui Mario Pirani, editorialista di Repubblica, commentava 
                le prime indiscrezioni sulla grande svendita degli immobili degli 
                enti previdenziali. Era il 18 aprile, e ad oggi molto si conosce 
                dello scandalo degli immobili di Inps, Inail e Inpdap. Ciononostante, 
                di fronte all’evidenza e alla gravità dell’operazione i media 
                sembrano non trovare alcun motivo di interesse. Ripartiamo dalla 
                fine del suo pezzo. Che risposta si è dato al mancato interesse 
                di fronte ad una questione così importante? «Credo che ci sia 
                stato un intreccio di vari interessi a più livelli. Ci sono questi 
                personaggi, nuovi palazzinari che stanno scalando la finanza, 
                che hanno partecipazioni dappertutto, e sono stati bene attenti 
                a muoversi, senza fare trapelare niente fino a cose fatte. E poi 
                c’è la politica che si è guardata dall’esporsi troppo». Perché? 
                «Da un lato perché anche la sinistra quando era al governo aveva 
                incrociato questi esperimenti di “finanza creativa”. Dall’altra 
                c’è un centrodestra che dalle cartolarizzazioni in poi ha fatto 
                di questa pratica un sistema, fino ad arrivare a tappare i buchi 
                del bilancio svendendosi i beni dei contribuenti». Una questione 
                che tira in ballo tutti? «Sono veramente pochi i personaggi che 
                hanno cercato di opporsi a questo nuovo stile imperante. Tra questi 
                Vincenzo Visco che ha presentato chissà quante interpellanze parlamentari 
                senza risposta». Come è possibile che tutto questo sia rimasto 
                sotterrato al punto da non percepirne la gravità? «C’è un’involuzione 
                complessiva: informazione e politica non riescono ad abbandonare 
                gli interessi “politichesi” per dedicarsi agli aspetti sostanziali. 
                Del resto è esemplificativo il fatto stesso che questo governo 
                abbia svenduto immobili, che erano stati costruiti con i soldi 
                dei contribuenti, per turare i buchi. Hanno anche fatto una leggina 
                apposita perché il provvedimento passasse». Guardiamo la questione 
                ad un livello più ampio: non si puòcerto dire che gli italiani 
                siano colpiti dallo scandalo immobili. Ai tempi di Tangentopoli 
                ci furono le monetine contro Craxi, adesso neanche un sobbalzo... 
                «Vero. La questione dell’illegalità, o anche semplicemente della 
                moralità è diventata completamente inavvertita. Non la si percepisce 
                neanche più come una mascalzonata di cui celare le tracce. Pensiamo 
                alla battaglia per rendere trasparenti le nomine sanitarie. Ai 
                tempi di Tangentopoli si fece. Adesso se ci provi ti accorgi che 
                tutto ti rimbalza addosso. Oppure pensiamo alle amministrazioni 
                locali, dove la politica diventa una aggregazione di interessi 
                in cui ogni apparato fa i propri, ben remunerati. Il valore è 
                determinato dalla posizione che acquisisci». Massimo Fini ha detto 
                che alcune città sono completamente fuori dalla legalità e che 
                sarebbe saggio bombardarle. Solo una provocazione, o crede anche 
                lei che questa immoralità investa il Paese nel suo tessuto? «Certe 
                affermazioni sono mascalzonate. No, io non credo che si possa 
                parlare di immoralità del tessuto sociale. Piuttosto penso 
                che ci sia una classe dirigente di basso grado culturale, ad ogni 
                livello. Non è nemmeno più questione di corruzione, ma di una 
                decadenza socio-culturale che va dai vertici fino agli esponenti 
                locali».  Fabio 
                Amato L'Unità 3/7/2005  
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          | Enti, 
              immobili e affari di Stato |   
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              1 
              luglio 2005 |   
          | "Il 
              Tar Lazio ha respinto i ricorsi del Civ (consiglio di indirizzo 
              e vigilanza dell’Inpdap) e dei consigli di amministrazione degli 
              enti (Inail-Inpdap-Inps) che si sono visti requisire le sedi degli 
              uffici dal governo, conferite al Fip, fondo immobili pubblici appositamente 
              costituito. La prossima tappa di questa partita sulla finanza creativa 
              sarà il Consiglio di Stato. La “questione immorale” è una miscela 
              esplosiva fatta di svendita del patrimonio pubblico, senza regole 
              e senza certezze, di rendita parassitaria che comprime tutti i settori 
              produttivi del Paese, di azzeramento della legalità, di difesa degli 
              interessi di chi governa, di tolleranza all'assalto alla ricchezza 
              e ai beni del paese, di collusioni negli affari e nella politica 
              con le organizzazioni mafiose. D’altronde, gli incensurati di questi 
              tempi non se la passano bene. Chi delinque o l’ha fatto prima, ha 
              le porte aperte e gode dell'apprezzamento o quanto meno della comprensione 
              di parti significative delle classi dirigenti, nella accezione più 
              estesa. Il Paese è in vendita. Si vende tutto: case di abitazione, 
              sedi degli enti, e forse domani del governo e del parlamento, caserme 
              e forti, scali e stazioni ferroviarie, terreni del demanio, spiagge. 
              Ma nel turbinio di operazioni illusionistiche di finanza creativa, 
              quelle che riguardano lo Stato sono fittizie e virtuali, mentre 
              quelle che riguardano i privati sono vere e remunerative. Lo Stato 
              ha creato società e le ha chiuse; ha comprato beni che erano suoi 
              e li ha venduti a se stesso. Come qualsiasi faccendiere d'assalto 
              che opera nei paradisi fiscali, ha creato un sistema di finanza 
              pubblica sanzionata da tutti gli organismi internazionali. Tremonti, 
              principe della finanza creativa, per la quale ha un'attrazione 
              erotica, ha presentato il piano di svendita come «la più grande 
              operazione di cartolarizzazione di uno stato sovrano e la più grande 
              emissione di Abs (asset- backed securities) mai realizzata in Europa». 
              Così è nato «Lo Stivale di carta», titolo di un libro, autori 
              i giornalisti Giuseppina Paterniti e Angelo Fodde (Editori Riuniti), 
              ben documentato. A proposito delle cartolarizzazioni versione Berlusconi-Tremonti 
              prendiamole vicende di Scip 1 e Scip 2, le società inventate e incaricate 
              di condurre in porto le vendite del patrimonio pubblico. La Scip 
              1 nasce il 23 Novembre 2001, subito dopo l’annuncio di Tremonti 
              in diretta tv sul presunto buco lasciato dal centro sinistra. Nell’atto 
              di nascita è scritto che la società ha come oggetto esclusivo «la 
              realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi 
              derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato 
              e degli altri enti pubblici». Il capitale sociale della srl, che 
              in quanto tale non è soggetta a controlli, è di 10.000 euro, una 
              inezia, anche se la società deve vendere e gestire 27500 unità residenziali 
              e 262 immobili non residenziali. Il meccanismo è noto: la società 
              anticipa al governo una parte del denaro previsto che si fa dare 
              dalle banche le quali guadagnano interessi e commissioni o ricava 
              dai titoli, bond, messi sulmercato sperando che i cittadini li comprino. 
              Nel 2002, nasce la Scip 2, anche perché le cose non hanno funzionato 
              bene e con la rapidità prevista per fare fronte ai buchi di bilancio. 
              L’operazione di vendita programmata è davvero imponente: 62500 immobili 
              tra case, uffici, negozi, terreni dello Stato e di tutti gli enti 
              (Enpals, Inail, Inps, Inpdap, Ipost, Ipsema), valore complessivo 
              9639 di euro. Lo Stato vende se stesso.Ma non tutto è chiaro e trasparente. 
              La composizione del capitale sociale della Scip è al50%di due fondazioni 
              olandesi (Stichting Thesaurus e Stichting Palatium) con sede ad 
              Amsterdam, le quali partecipano al capitale con la somma di 5000 
              euro. Amministratore unico delle due fondazioni olandesi è un “trust 
              fund” di Amsterdam che ha creato le due fondazioni 18 giorni prima 
              che la Scip nascesse e cioè il 5 Novembre del 2001 («Lo Stivale 
              di carta»). I due autori del libro raccontano di essere andati alla 
              ricerca della sede della Scip ma non hanno trovato nemmeno una targa. 
              Sul palazzo campeggiava la targa di Kpmg, nota società finanziaria 
              multinazionale che amministra il programma di cartolarizzazione, 
              funge da consulente e, naturalmente, viene pagata. L'amministratore 
              delegato della Scip è un certo Burrows Gordon, cittadino inglese, 
              nominato per tre mandati. Solo che quando un gruppo di inquilini 
              che vogliono comprare gli appartamenti dove abitano, vuole chiarimenti, 
              in perfetto stile anglosassone, risponde di rivolgersi direttamente 
              al ministero dell’Economia. Il perché di queste scelte per una operazione 
              di vendita del patrimonio pubblico del nostro Paese, nessuno lo 
              sa. Nemmeno il Parlamento che dovrebbe essere informato dal ministro 
              ogni seimesi e che invece rimane all'oscuro di tutto. Ma una cosa 
              è certa.Mentre gli immobiliaristi sono riusciti a comprare un pezzo 
              del Paese con il 35% di sconto sui prezzi iniziali, lo Stato ha 
              incassato di meno, le spese per commissioni di collocamento dei 
              titoli, consulenze legali, pagamento degli amministratori ecc sono 
              state di 744 mila euro e quelle necessarie per concludere il contratto 
              con alcune banche estere a copertura del rischio di tasso sono state 
              di 2'5 milioni di euro. Il patrimonio del bel paese, nel solo primo 
              anno di vita della Scip, ha arricchito un sacco di persone che abitano 
              altrove. Quanto alla vertenza in corso con gli Enti, decisa con 
              la sentenza del Tar Lazio, le imposizioni sembrano una rapina. Infatti, 
              Inail, Inps, Inpdap sono costretti a vendere le sedi, a riaffittarle 
              con un enorme esborso di denaro e come se non bastasse rimangono 
              responsabili della gestione e della manutenzione delle stesse. Cose 
              mai viste nemmeno nel peggiore dei regimi. La vendita del patrimonio 
              dei beni culturali e degli ospedali al prossimo articolo. Vedremo 
              come anche la famiglia Bush si è data da fare."  Elio 
              Veltri L'Unità, 01/07/2005    |   
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          | Inps 
              - Casa dell'imperatrice |   
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              30 
              giugno 2005 |   
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              "Nei 
                sotterranei dell’Inps i resti della residenza della madre di Costantino. 
                Se si vuole, si fa richiesta al presidente di sede, si scende 
                nei sotterranei, e si può pure visitare. Non che sia rimasto tutto 
                intatto, ovvio, la maggior parte dei reperti è stata portata alla 
                luce di qualche museo. Ma, insomma, il sito archeologico esiste. 
                È stata una delle residenze di Elena imperatrice, la madre di 
                Costantino che è stato il primo imperatore cristiano, IV secolo 
                dopo Cristo. E si trova sotto la sede storica dell’Inps di Roma, 
                in via dell’Amba Aradam, costruita negli anni Sessanta. Proprio 
                il palazzo che, insieme ad altri quattrocento immobili, il governo 
                s’è venduto in tutta fretta a Natale scorso per incassare un po’ 
                di denaro e contabilizzarlo in Finanziaria, chè il bisogno non 
                manca mai. Questione di soldi, insomma, e ci si compra anche il 
                patrimonio culturale italiano. Perchè un conto è che il proprietario 
                di uno stabile di tale valore (che si presuppone inestimabile) 
                sia l’Inps, e in ultima analisi lo Stato. Un conto è che il proprietario 
                sia un privatissimo palazzinaro. In questi casi, com’è evidente, 
                c’è da rispettare un vincolo dei Beni culturali. Sarà tutto a 
                posto, formalmente parlando? Difficile a dirsi. Il presidente 
                del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, Franco Lotito, 
                ha fatto presente più volte la questione a chi di dovere, e chiesto 
                più volte lumi,ma non ha mai ottenuto risposte. Che poi, a voler 
                ben guardare, quello dell’abitazione di Elena potrebbe non essere 
                l’unico sito di interesse archeologico racchiuso nelle fondamenta 
                di palazzi Inps, Inail e Inpdap. A «rischio» c’è anche un’altra 
                sede Inps, stavolta in piazza Augusto imperatore. E l’intera la 
                zona intorno alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme (dove 
                c’è una sede Inpdap) è un museo a cielo aperto, per non dire dei 
                sotterranei. Anche quella basilica, peraltro, è legata ad Elena 
                imperatrice, visto che sorse proprio nei possessi privati imperiali 
                che fin dal 323 dovettero appartenere proprio a lei. la.ma."  L'Unità, 
                30/06/2005  
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          | Caserme 
              dismissioni in arrivo |   
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              29 
              giugno 2005 |   
          |  
              "In 
                attesa che il Tar blocchi o dia il via libera all’operazione Fip 
                sugli immobili degli enti previdenziali, sta andando in porto, 
                anche se tra molti contrasti e proteste da parte soprattutto degli 
                inquilini, l’operazione di cartolarizzazione Scip 3, che interessa 
                soprattutto gli alloggi militari. Per domani a Roma è fissato 
                infatti un incontro tra i responsabili dei Ministeri del Tesoro 
                e della Difesa per discutere degli immobili da dismettere. A questo 
                scopo si sta preparando l'elenco degli alloggi, rivisto dopo le 
                critiche mosse dalla magistratura contabile. Questo elenco di 
                alloggi, di numero inferiore ai circa 4.300 individuati un paio 
                di mesi fa, sarebbe all'esame della Direzione generale dei lavori 
                e del demanio del ministero della Difesa per un via libera. L'iter 
                per il varo di Scip 3 prevede che la Difesa ripresenti alla Corte 
                dei Conti un decreto con l'elenco degli immobili da cedere affinché 
                sia pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Dopo la pubblicazione 
                del decreto ministeriale, spetta al Demanio militare trasferire 
                a quello civile gli immobili, che il Tesoro deve poi conferire 
                alla società veicolo Scip."  L'Unità 
                29.06.2005  
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          | Sede 
              dell’Inpdap valutata la metà |   
          |  
              29 
              giugno 2005 |   
          | "E 
              sufficiente prendere le più recenti stime 
              di mercato, per scoprire che ciò che il Tesoro aveva battezzato 
              come «valorizzazione degli immobili», con il trasferimento al Fip 
              - il fondo immobili pubblici creato a dicembre dal ministero - di 
              396 proprietà dello Stato e degli istituti di previdenza, rischia 
              di essere la più grande svendita immobiliare mai consapevolmente 
              perpetrata nel nostro paese. Non sono solo la legalità - che il 
              Tar è chiamato in questi giorni a giudicare - e la funzionalità 
              dell’operazione ad essere in dubbio: la sua stessa opportunità economica 
              è messa in seria crisi dai numeri. I 1700 euro al metro quadrato 
              di valutazione media di vendita, infatti, sono una cifra irrisoria 
              rispetto al vero valore di mercato riscontrabile. Valga l’esempio 
              della sede centrale dell’Inpdap a Roma, sita in un palazzo di sei 
              piani, per una superficie complessiva di circa 4mila metri quadrati. 
              Ebbene, stando ai 1700 euro al metro quadrato fissati dal Governo, 
              quel palazzo avrebbe un prezzo di vendita pari a 6milioni e 800mila 
              euro. Una cifra certamente incredibile, e sicuramente i vertici 
              del ministero del Tesoro devono avere pensato ad una ghiotta boccata 
              d’ossigeno per il governo, impegnato a «creare» ogni giorno un sistema 
              per sbarcare il lunario. Impressionante sarebbe poi il totale dei 
              396 edifici affidati alle cure del Fip: 3,3 miliardi di euro. Eppure 
              la cifra risulta assolutamente modesta se confrontata con ciò che 
              è disponibile a tutti: i dati di mercato. E i dati di mercato - 
              stima del secondo semestre del 2004 sulla base del prezzo medio 
              fornito dai dati Fiaip, la federazione degli immobiliaristi professionisti 
              - dicono che la sede centrale dell’Inpdap dovrebbe essere messa 
              in vendita ad un costo al metro quadrato di circa 3000 euro, che 
              moltiplicati per la superficie fanno un importo di 12 milioni di 
              euro. In un solo colpo, cioè, lo Stato perderebbe 5milioni e più 
              di possibili introiti, sul valore di un singolo immobile. Certo 
              non si tratta di una statistica rigorosa, al pari di quella confermata 
              dagli «advisor dell’operazione » di cui il Tesoro fa mostra, ciononostante 
              la tentazione è forte, ed è facile per chiunque cimentarsi ad allargare 
              la proporzione, prendendo ogni singolo immobile trasferito al Fip 
              e facendo la comparazione con il realtivo prezzo di mercato. Così 
              facendo, sicuramente si riscontreranno casi di sopravvalutazione, 
              ma in linea generale - come ha sottolineato Guido Abbadessa, presidente 
              del consiglio di vigilanza Inpdap (Civ) - «gli immobili di proprietà 
              dello Stato e degli istituti di previdenza hanno un valore molto 
              alto, data l’ubicazione frequente in zone di prestigio». È possibile, 
              cioè, che esistano casi in cui tra la stima del ministero e il prezzo 
              di mercato si verifica una discrepanza ancora maggiore. «Senza considerare 
              - ha proseguito il presidente del Civ - che l’utilizzo fatto dagli 
              enti stessi costituisce titolo di ulteriore valutazione dell’immobile. 
              Un eventuale nuovo proprietario infatti, si ritroverebbe in mano 
              edifici assolutamente a norma di legge, in conseguenza dell’obbligo 
              di manutenzione degli impianti di cui gli attuali proprietari sono 
              responsabili». Portando il ragionamento alla sua estrema speculazione 
              è possibile persino quantificare quello che Abbadessa ha convenuto 
              essere un «abominio di proporzioni incalcolabili», ipotizzando scenari 
              di diversa gravità, a seconda di quanto il calcolo di 1700 euro 
              al metro quadrato risulti sottostimato. Si va così da una perdita 
              complessiva di 1 miliardo di euro, nel caso il valore si medio si 
              attestasse sul minimo di 2250 euro al metro stimati dalla Fiaip 
              per la zona della sede Inpdap - fino al poco auspicabile scenario 
              in cui i 3000 euro al metro quadrato riscontrati risultassero generalizzabili 
              all’intero patrimonio dismesso. In questo caso, l’importo complessivo 
              dovrebbe aggirarsi sui 5,8miliardi di euro. Auguriamoci comunque 
              che il Tar accetti i ricorsi."  Di 
              Fabio Amato -L'Unità, 29/06/2005    |   
          | 
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          | Vendesi 
              caserme e poligoni |   
          |  
              22 
              giugno 2005 |   
          | "Sul 
              mercato immobili per un valore di 1,3 miliardi. Ad acquistare devono 
              essere i privati. I militari svendono: cedesi caserme, poligoni 
              di tiro, fortini e casematte. Persino un faro alle Isole Tremiti. 
              Prevista dalla Finanziaria 2005 la grande cessione degli immobili 
              delle Forze Armate è sulla linea di partenza. Ad accendere il semaforo 
              verde è stato ieri un decreto pubblicato dalla Gazzetta ufficiale 
              in base al quale 240 beni immobili, per un valore stimato tra 954 
              e 1.357 milioni di euro, sono stati individuati dal ministero della 
              Difesa come «non più utili ai fini istituzionali», e dunque saranno 
              ceduti alla Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal ministero 
              dell'Economia. In cambio della cessione di questi beni, la Cassa 
              depositi e prestiti fornirà e al ministero della Difesa anticipazioni 
              finanziarie pari al valore degli immobili individuati, stimato dall'Agenzia 
              del Demanio per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni 
              di euro e, comunque, non superiore a 1.357 milioni di euro. Gli 
              immobili, prevede il decreto, saranno formal-mente consegnati all'Agenzia 
              del Demanio cui spetterà il compito di svolgere le procedure tecniche. 
              Gli immobili entrano quindi a far parte del patrimonio disponibile 
              dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione 
              e dismissione di cui al decreto legge 351 del 25 settembre 2001. 
              La Finanziaria prevede tuttavia che non potranno essere gli enti 
              locali ad acquistare gli immobili che saranno posti all'asta, 
              di conseguenza si prevede che saranno i privati a fare la parte 
              del leone.  Tra 
              i 240 beni individuati c'è di tutto. Si va dalla ex base Nato 
              Scatter di Calice Ligure (Sv) al Campo di Marte a Brescia, dalla 
              Piazza d'Armi a Alessandria (ex campo sportivo militare) alla caserma 
              Vittorio Veneto a Firenze. Nella lista il Forte Santa Sofia a Verona, 
              l'aeroporto di Pontecagnano (Sa), le caserme Chiarini, Masini, Mazzoni, 
              Battistini e Sani a Bologna, il Torrione Francese di Gaeta (Lt), 
              l'aeroporto di Guidonia in provincia di Roma, il Forte Tiburtino 
              e Forte Bravetta a Roma. In vendita anche il complesso 
              immobiliare dell'isola Palmaria a Spezia e la vecchia Palazzina 
              Mameli a Milano. Nel mirino anche il poligono Tsn di Gallarate (Mi), 
              una parte dell'aeroporto di Fano (Ps), lo stabilimento balneo—termale 
              di Acqui Terme (Al), il Faro di San Domino alle isole Tremiti (Fg), 
              l'aeroporto del Prete di Vercelli. «Non stupisce che il 
              ministro della Difesa e quello dell'Economia ignorino totalmente 
              i valori della tutela ambientale e paesaggistica e una simile manovra 
              ne è l'ennesima dimostrazione. L'operazione di messa in vendita 
              di aeroporti, caserme, terreni e persino di un faro nell 'Arcipelago 
              delle Tremiti è una parte dell'operazione di cartolarizzazione che 
              questo governo sta portando avanti da alcuni anni con il soloscopodi 
              rimpinguare le casse dello Stato e senza nessuna attenzione per 
              il rischio di privatizzare aree paesaggistiche pregiate», ha commentato 
              del presidente di Legambiente Roberto Della Seta. Se per gli immobili 
              militari l'operazione di dismissione sembra affrettarsi, per la 
              vendita delle case della Difesa tutto sembra incagliato. La cosiddetta 
              Scip 3 che avrebbe dovuto fornire risorse per circa 1 miliardo di 
              euro, è ferma: si attende infatti che il ministero della Difesa 
              replichi alle osservazioni della Corte dei Conti che miravano ad 
              ottenere regole in grado di salvaguardare gli inquilini coni redditi 
              più bassi. «Ciononostante — afferma Sergio Boncioli, leader dell'associazione 
              "Casadiritto"— gli sfratti sono già cominciati e ci aspettiamo misure 
              a più largo raggio a partire da luglio». (r.p.)  Roberto 
              Petrini la Repubblica 22-06-2005   |   
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              Vendita 
              edifici storici a Venezia |   
          | 20 
              marzo 2005  |   
          | "Ai 
              sensi dell’art. 84 della Legge 27 dicembre 2002 n. 289 e dell’articolo 
              2 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito nella 
              Legge 23 novembre 2001, n. 410, che modifica la disciplina inerente 
              le procedure di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti 
              Pubblici introducendo la Cartolarizzazione dei proventi delle vendite 
              degli immobili pubblici, e disponendo il trasferimento degli stessi 
              a società appositamente costituite, Il Comune di Venezia informa 
              che la fase di Cartolarizzazione degli immobili sottoelencati è 
              cominciata con il loro trasferimento alla Società VECART S.r.l. 
              (Società di Cartolarizzazione degli immobili del Comune di Venezia) 
              avvenuto l’8 marzo 2005. Il Comune di Venezia è stato nominato gestore 
              degli immobili trasferiti sino alla loro cessione agli acquirenti 
              finali, mentre la YARD S.r.l. è stata nominata gestore delle vendite. 
              Comune di Venezia e YARD sono, dunque, responsabili delle procedure 
              relativamente di Gestione e di Vendita dei seguenti immobili.  Ulteriori 
              informazioni possono essere richieste a: COMUNE DI VENEZIA DIREZIONE 
              CENTRALE PATRIMONIO SERVIZI TECNICI San Marco, Calle Cavalli 4084 
              Telefono 041.2748581 041.2748606 Fax 041.2748117  Elenco 
              immobili:  1 
              Palazzo Nani, VENEZIA - Cannaregio 1105  2 
              Palazzo Costa,VENEZIA - Cannaregio 2396, 2397/A  3 
              Palazzo Zaguri, VENEZIA - San Marco 2634, 2667/A, 2668  4 
              Palazzo Foscari Contarini, VENEZIA - Santa Croce 715-745  
              5 Palazzo Bonfandini, VENEZIA - Cannaregio 461  6 
              Palazzo a Murano, VENEZIA - Fondamenta Colleoni 14  7 
              Villa al Lido, VENEZIA - Via Sandro Gallo 20  8 
              Palazzina a Ponte Longo, Fondamenta Ponte Longo  9 
              Ex Conterie a Murano, Fondamenta Cavour  10 
              Ex Docce Malcanton, Dorsoduro 5587  11 
              Villa a Torcello, Torcello  12 
              Appartamento a Murano, Campo San Donato 17  13 
              Magazzino a San Polo, San Polo 2543  Comune 
              di Venezia    |   
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              marzo 2005 |   
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              Sui 
              «beni culturali» precisate le regole  |   
          | "Nuove 
              procedure per la verifica dell'interesse culturale dei beni pubblici 
              e la conseguente vendita di quelli privi di pregio artìstico o storico. 
              Con il decreto 28 febbraio 2005, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 
              n. 61 di ieri, il ministero dei Beni culturali ha introdotto 
              alcune modifiche alle regole utilizzate finora. In particolare, 
              ha rivisto le schede usate per "fotografare" il bene. Uno 
              dei motivi per correggere il precedente decreto 6 febbraio 2004 
              è stato il nuovo organigramma ministeriale. Quando furono fissate 
              le prime regole per verificare l'interesse culturale dei beni immobili 
              di proprietà dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni 
              e delle Città metropolitane non era ancora stata approvata la riorganizzazione 
              dei Beni culturali (Dpr 173 del giugno 2004), che ha, tra l'altro, 
              sostituito le soprintendenze regionali con le direzioni regionali. 
              Non si è trattato dell'unica novità. Ancora prima — a maggio dello 
              scorso anno — ha debuttato il Codice dei beni culturali, che ha 
              rivisitato il concetto di "bene culturale". Il Codice ha, tuttavia, 
              fatto proprie le modalità generali di verifica dell'interesse culturale 
              dei beni. Si tratta del sistema messo in piedi dal decreto legge 
              269 del 2003, convertito in legge tra mille polemiche, soprattutto 
              per la norma sul silenzio assenso, che costringe le ex soprintendenze 
              regionali a pronunciarsi entro 120 giorni, trascorsi i quali il 
              bene viene ritenuto alienabile. Il nuovo decreto mantiene la logica 
              di fondo, ma si adegua alle novità introdotte dal Codice e dàlia 
              riorganizzazione ministeriale. Novità che si riflettono sull'articolato 
              (nel quale è stato inoltre inserito un articolo 4-bis sulle verifiche 
              d'ufficio), ma soprattutto siigli allegati, che contengono le schede 
              che i proprie-tari dei beni devono compilare e inviare alle direzioni 
              regionali per la verifica."  Il 
              sole 24 ore 16-03-2005 - A.CHE.    |   
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          | 16 
              marzo 2005 |   
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              Cartolarizzazioni 
              a Venezia |   
          | "Venezia 
              batte sul tempo metropoli del calibro di Roma e Milano, e si aggiudica 
              la palma del primo comune italiano che vara un'operazione di cartolarizzazione 
              immobiliare, dopo aver creato un'apposita società-veicolo, la Vecart. 
              Il patrimonio su cui lancerà obbligazioni per un valore di 29 milioni 
              di euro, è composto da 13 immobili. Strutture di pregio, 
              dislocate sia nel centro che in alcune isole della Laguna, la cui 
              valutazione ammonta a 34 milioni. A testimonianza del valore degli 
              immobili coinvolti basti pensare che sette su 13 sono sottoposti 
              alla tutela della sovrintendenza ai Beni culturali. Ciò significa 
              che anche il ministero, oltre agli enti locali, dispone di un diritto 
              di prelazione per l'eventuale acquisto dei palazzi. I beni ceduti 
              dal Comune - spiegano dal quartier generale di Dexia Crediop, la 
              banca che ha curato l'operazione - saranno oggetto di un'attività 
              di valorizzazione, svolta dal Comune in collaborazione con la società 
              incaricata delle vendite (Yard Srl) al fine di massimizzarne il 
              ritorno economico. Vecart lancerà i bond a tasso variabile con scadenza 
              legale nel 2009 e vita media attesa di 2,91 anni. Se per alcuni 
              immobili si potrà procedere immediatamente all'operazione di vendita, 
              per altri, invece, sarà necessario un processo più lungo. Dexia 
              Crediop, che lo scorso anno ha curato l'operazione di cartolarizzazione 
              della Regione Friuli-Venezia Giulia (123 beni immobiliari coinvolti) 
              sta già lavorando anche ad una nuova operazione di cartolarizzazione 
              immobiliare, in un'altra regione italiana. "  B.V. 
              Finanza & Mercati - 16/03/2005   |   
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              marzo 2005 |   
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              Venezia 
              «cartolarizza» le case  |   
          | "Al 
              lavoro ci sono Roma e Milano, Ma il Comune di Venezia ha "bracato" 
              tutti: oggi secondo le indiscrezioni raccolte dal «Sole 24 Ore», 
              realizzerà la prima cartolarizzazione di un Comune italiano costruita 
              sul patrimonio immobiliare. Attraverso la società-veicolo Vecart 
              srl lancerà infatti obbligazioni per 29 milioni di euro garantite 
              da 13 immobili di pregio valutati complessivamente circa 33-34 
              milioni. Le securitisatìon sugli immobili non sono certo un'invenzione 
              di oggi. È stato infatti il ministero dell’ Economia con le varie 
              operazioni Scip, ad aprire la strada. L'anno scorso è stata invece 
              la Regione Friuli Venezia Giulia a seguirne le orme, realizzando 
              con l'aiuto dì Dexia-Crediop la prima cartolarizzazione sugli immobili 
              regionali per un totale di 51 milioni. E ora è il turno del Comune 
              di Venezia. L'operazione — carata anche in questo caso da Dem-Crediop 
              guidata da Gerard Bayol — ha la struttura di una normale cartolarizzazione. 
              Il Comune ha infatti costituito una società-veicolo (chiamata Vecart 
              srl), alla quale ha venduto gli immobili di pregio di sua proprietà 
              La società-veicolo per poterli acquistare raccoglierà fondi sul 
              mercato obbligazionario : oggi lancerà quindi i bond a tasso variabile 
              con scadenza legale nel 2009, Titoli che saranno Sottoscritti a 
              fermo dalla stessa Dexia-Crediop. La "quadratura del cerchio” sarà 
              così completa. Da un lato i fondi raccolti dalla societa-veìcolo 
              saranno girati al Comune, che li utilizzerà in un programma di rivalutazione 
              immobiliare. Dall'alto, la società-veicolo venderà gli immobili 
              tramite aste che saranno organizzate semestralmente: in questo modo 
              rimborserà i bond alla loro scadenza, cercando di massimizzare — 
              grazie anche al contributo di YARD srl — il valore degli immobili. 
              Questa operazione ha anticipato altre securisation simili. Da un 
              lato, infatti, ci sta lavorando il Comune di Milano: sebbene Ubm, 
              Deutsche Bank e Merill Lynch abbiano realizzato lo studio di fattibilità, 
              non è però ancora arrivato il semaforo verde dello stesso Comune. 
              Anche Roma sta lavorando, ma ancora l'operazione non è decollata. 
              Tempo fa, invece, era stato il Comune di Genova a indire usa gara 
              per realizzare, un'operazione simile. Ma poi tutto si è fermato. 
              E Venezia ha battuto tutti." Morya 
              Longo" 15-MAR-2005 - Il Sole 24 Ore |   
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          | 23 
              febbraio 2005 |   
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              Mi 
              vendo le sedi di Inps e Inail |   
          | "Guerra 
              degli affitti in via XX settembre. A turbare i sonni di Siniscalco 
              arrivano sedici ricorsi che minano la manovra economica per il 2005. 
              Entro la settimana arriveranno al Tar di Roma le carte con le quali 
              i Consigli di indirizzo e vigilanza di Inps, Inpdap e Inail, chiedono 
              di bloccare la fetta più consistente dell'ultima finanziaria: il 
              «sale and lease back» degli immobili strumentali degli enti, ultima 
              creatura (postuma) tremontiana alla quale Siniscalco ha affidato 
              il compito di portare a casa 3 miliardi e 300 milioni di euro. A 
              stare al dettato della Finanziaria, gli enti previdenziali pubblici, 
              dopo aver venduto tutto il patrimonio immobiliare con le cartolarizzazioni, 
              dovrebbero ora mettere in vendita anche le sedi di lavoro. Il sale 
              and lease back, molto praticato dalle aziende in difficoltà per 
              riaggiustare i bilanci, prevede che l'ente resti negli stessi immobili 
              come inquilino. Già la cosa in sé non piaceva molto agli enti, che 
              con un tratto di penna si vedevano espropriati del residuo patrimonio 
              immobiliare: 43 immobili per l'Inps (per un valore di 668 milioni 
              di euro), 22 per l'Inail (241 milioni) e 8 per l'Inpdap (120 milioni). 
              Quando poi sono arrivati i dettagli dell'operazione, la cosa è sembrata 
              ancor più pericolosa. «Può mettere a rischio la tenuta economica 
              e patrimoniale degli istituti», denunciano i presidenti dei tre 
              Civ, Franco Lotito (Inps), Guido Abbadessa (Inpdap) e Giovanni Guerisoli 
              (Inail), che parlano di «incostituzionalità» del provvedimento. 
              Il rischio per la tenuta dei conti degli istituti sta nel depauperamento 
              del patrimonio e nel calcolo salatissimo degli affitti. Gli enti 
              infatti avrebbero dagli acquirenti un contratto di affitto di 9 
              anni (rinnovabile per altri 9): hanno dunque la garanzia di poter 
              mantenere le sedi nell'immobile, ma la dovranno pagare cara. Da 
              un lato infatti il governo mette in vendita gli immobili a un prezzo 
              medio di 1.780 euro al metro quadro (una cifra molto al di sotto 
              del valore di mercato), dall'altro prevede per gli acquirenti rendimenti 
              pari al 7,81% del valore degli immobili, laddove sul mercato mediamente 
              i fitti sono al 3-4% del valore. Il solo Inps - ha detto Lotito 
              - dovrebbe sborsare 52 milioni di euro all'anno. Di qui la rivolta 
              di lavoratori e amministratori degli enti, che preannunciano sedici 
              ricorsi. Al di là dell'esito dei ricorsi, un'altra spada di Damocle 
              pende sulla manovra: i particolari dell'operazione sembrano assai 
              poco in linea con i parametri dell'Eurostat, che richiede l'osservanza 
              stretta delle regole di mercato per poter classificare l'intera 
              operazione come una manovra che riduce il disavanzo pubblico. Qualora 
              così con fosse, infatti, l'Eurostat imporrebbe di contabilizzare 
              l'operazione sotto la voce «indebitamento»: come una forma di ricorso 
              al credito delle banche coperto da una garanzia reale, con gli affitti 
              che in realtà sarebbero forme di rimborso del debito mascherate. 
              E in quel caso, il governo potrebbe dire definitivamente addio al 
              rispetto del tetto del 3% al rapporto deficit-Pil."  
              R. C. 23/02/2005 - Il Manifesto |   
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          | 25 
              Novembre 2004 |   
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              Antichi 
              borghi vendonsi in blocco |   
          | "Di 
              antichi borghi in cui non abita più nessuno è pieno anche l'Abruzzo, 
              come molte altre regioni italiane. Solo che la giunta che l'amministra 
              ha deciso di venderli in blocco, un 'operazione che potrebbe 
              valere 3 miliardi di euro, tra soldi incassati dai privati consorziati 
              dall'amministrazione regionale, guadagni per le imprese locali che 
              curerebbero la ristrutturazione e infine l'indotto turistico che 
              si potrebbe sviluppare. L'idea, infatti, è di trasformare borghi, 
              castelli, conventi, antiche badie e gli altri tesori architettonici 
              e storici ormai decrepiti in residence di lusso, alberghi, beauty 
              farm, ma anche in ristoranti, bed & breakfast e altre strutture 
              turistiche. Nella lunga lista si trovano interi centri dell'anno 
              Mille, come Corvara, piccolo paese già ceduto per un buon 70% a 
              un gruppo di imprenditori romani, o San Benedetto in Perillis, o 
              ancora Castelli. Con questa operazione la giunta guidata da Giovanni 
              Pace si propone di far conoscere in tutta Europa il patrimonio immobiliare 
              ormai inutilizzato. E questo nella speranza di suscitare l'interesse 
              di potenziali investitori d'oltrefrontiera, tanto che la regione 
              ha dato vita a un'apposita struttura: Investi Abruzzo. Per pubblicizzare 
              il patrimonio anche all'estero la giunta abruzzese ha poi collocato 
              l'intero pacchetto di proposte su una rete di vendita di 14 agenzie 
              immobiliari per la sola Gran Bretagna. Non solo, due società inglesi 
              hanno scelto di operare direttamente sul territorio abruzzese, tanto 
              che una di queste ha recentemente inaugurato un box office presso 
              l’aeroporto di Pescara. E così, mentre dalla regione fanno sapere 
              di essere in trattative con diversi gruppi stranieri e di aver ricevuto 
              offerte da parte di due importanti gruppi alberghieri, già a gennaio 
              verrà inaugurato il primo borgo ceduto a un privato e totalmente 
              ristrutturato. Per l'esattezza si tratta di Santo Stefano di Sessamo, 
              una rocca medievale a pochi chilometri dall'Aquila, dove un imprenditore 
              italo-svedese, Daniel Elow Kihlgren. ha acquistato più di un anno 
              fa circa 4 mila metri quadrati su un totale di poco meno di 10 mila. 
              Nell'antico borgo, già possedimento della famiglia Medici di Firenze, 
              l'imprenditore italo-svedese sta realizzando un albergo diffuso 
              con una serie di intrattenimenti tra i quali una beauty farm, una 
              palestra e una sala mul-timediale. Il tutto per un costo complessivo 
              che si dovrebbe aggirare intorno ai 3,5 milioni di euro. Elow Kihlgren 
              non è comunque l'unico imprenditore che ha cominciato a investire 
              in questa direzione. Negli ultimi anni, si ricorda, infatti, il 
              caso del castello Chiola a Loreto Aprutino, che è stato recentemente 
              trasformato in un hotel a quattro stelle, e che, stando a quanto 
              afferma la regione, ha convertito questa località dell' entro terra 
              pescarese in una frequentata meta del turismo internazionale. Se 
              il progetto andrà a buon fine, nei prossimi anni potrebbe essere 
              la volta di palazzo Mastroddi, di proprietà privata, dai pregevoli 
              dettagli costruttivi con scalone, statue, busti e bassorilievi, 
              fino al borgo di Navelli, paese medievale famoso in tutto il mondo 
              per la produzione dello zafferano, situato fra tre parchi naturali 
              e vicino agli impianti sciistici del Gran Sasso e di Campo Felice. 
              "  Daniele 
              de Sanctis Milano Finanza - 25 novembre 2004  |   
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          | 10 
              Ottobre 2004 |   
          |  
              Maxi 
              vendita caserme |   
          | "I 
              tagli della Finanziaria costringono la Difesa a trovare risorse: 
              nella Capitale la maggior parte degli immobili da cedere Berlusconi: 
              niente stangate, gli enti locali risparmino. Maroni: agli statali 
              non più del 2% ROMA Sta per scattare una maxi-vendita di immobili 
              della Difesa, molti dei quali a Roma. La Finanziaria prevede tagli 
              pesanti alle spese militari e l’unico modo per continuare a mantenere 
              risorse sufficienti per le Forze Armate è l’autofinanziamento con 
              la cessione di grandi caserme inutilizzate. Nella Capitale dovrebbero 
              essere ceduti uffici all’Esquilino e immobili in Prati. Intanto 
              Berlusconi ha ribadito che nella manovra non ci saranno stangate: 
              gli enti locali risparmino. Ma la Lega minaccia di non votare questa 
              manovra. Maroni: gli aumenti per gli statali non devono superare 
              il 2%."  Il 
              Messaggero, Domenica 10 Ottobre 2004  |   
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          | 27 
              Luglio 2004 |   
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              Il 
              Castello al ministero dei bb.cc. |   
          | "E'passata 
              la legge che assegna il monumento al ministero dei Beni culturali. 
              Tra la fine del mese e l'inizio di agosto il Castello Carrarese 
              sarà restituito alla città. La macchina legislativa è partita, una 
              leggina collegata parzialmente alla finanziaria contiene il passepartout, 
              il "machiavello" che mette in carico questo splendido monumento 
              d'arte, di storia, d'archeologia, alla competenza del ministero 
              dei Beni Culturali. E, infatti, ieri, alla luce di queste novità, 
              il sindaco Flavio Zanonato ha incontrato il Soprintendente, Guglielmo 
              Monti, per una prima consultazione. E' il quarto comma del primo 
              articolo voluto dal deputato della Margherita Andrea Colasio che 
              sancisce il trasferimento del bene dal Ministero di Grazia e Giustizia 
              a quello del Beni Culturali, herita, Andrea Colasio, capogruppo 
              in commissione cultura, dal ministro Castelli che aveva segnato 
              il destino del grande immobile carcerario condannandolo all'alienazione 
              per finanziare un'edilizia carceraria sicura e moderna, al ministro 
              Urbani che, consapevole della straordinaria valenza storico-artistica 
              del complesso medievale, si era impegnato al recupero della fortezza, 
              «n percorso è stato tormentato — dice Colasio — Castelli ha esercitato 
              tutta la sua autorità per impedire il trasferimento. Ma Urbani ha 
              mantenuto le promesse. Sul Castello Carrarese avevo presentato tre 
              interpellanze urgenti e cinque "question time" per impedire che 
              fosse ingoiato dall'incuria e dall'entropia che a oltre 10 anni 
              dal trasloco del penale in via Due Palazzi, aveva fatto guasti tali 
              da varcare il punto di non ritorno: tetti scoperchiati, pietre che 
              si staccano dalle pareti, pericoli di crollo». Eppure visitarlo 
              anche oggi è come sfogliare un grande codice miniato. E' un palinsesto, 
              il Castello, in cui pagine intere sono state raschiate via dai monaci 
              amanuensi, a caccia di carta, per scriverci sopra, ma consumato 
              dal tempo, con le pagine incollate dalla muffa e le miniature scolorite 
              e imbrattate. Infatti, qui, il medioevo con gli affreschi stupendi 
              del carro rosso, insegna araldica dei signori della città, si intreccia 
              ali'800 quando il Castello fu trasformato in fortezza absburgica 
              e al secolo scorso con i laboratori della Rizzato, n Castello è 
              un libro su cui leggere la città, quella del tiranno Ezzelino, quella 
              dei re di Padova, i Carraresi. «Un monumento prezioso quanto il 
              Salone — dice Franca Taddeo del Comitato Sos Castello — ma devastato, 
              abbandonato, rinnegato da una comunità cittadina che non l'ha mai 
              visto o comunque lo ricorda come luogo di segregazione o lo confonde 
              con la Specola». «Il treno della procedura legislativa in Senato 
              — continua Colasio — è già partito e sta per arrivare a destinazione 
              poi la leggina che assegna quasi 4 milioni di euro, 7 miliardi di 
              vecchie lire, come contributo ministeriale passerà alla settima 
              commissione della Camera. Altrettanti sono riuscito a rastrellarli 
              con un'altra leggina, poi c'è lo stanziamento della Fondazione della 
              Cassa di Risparmio. La legge attuale che muove un'ottantina di miliardi 
              di vecchie lire a livello nazionale impedisce gli interventi a pioggia 
              e, per Padova, si incardina nel recupero del Castello. Ma tutto 
              questo non basta: il Castello non ha bisogno di cerotti ma di un'operazione 
              chirurgica. La mossa successiva è quella di mettere in piedi una 
              fondazione che veda insieme ministero, Comune, Soprintendenza, Ateneo. 
              La fondazione, strumento agile, struttura aperta, può studiare la 
              situazione e programmare gli interventi. L'investimento necessario 
              si aggira su una cinquantina di miliardi di vecchie lire».  Aldo 
              Comello - il mattino di Padova - 27 LUG 2004 |   
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              Giugno 2004 |   
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              Il 
              Castello dei Carraresi |   
          | "Il 
              Castello dei Carraresi deve tornare ai padovani, il governo non 
              può rinviare sine die il trasferimento del bene». E' questa 
              che richiesta che Franca Taddeo e Maria Novella Papafava dei Carraresi 
              rivolgono al presidente del Consiglio Berlusconl oggi a Padova. 
              L'impegno delle due donne trova una buona sponda a Roma: l'onorevole 
              Andrea Colasio si dice ottimista riguardo al passaggio della proprietà 
              del Castello dal dicastero di Giustizia a quello dei Beni culturali: 
              in parlamento, infatti, si sta discutendo un disegno di legge 
              ad hoc. Intanto in Piazza Castello arrivano musica barocca e 
              banchetti. «Si parla tanto di spriz e di luoghi di incontro dei 
              giovani», dice la Taddeo, organizzatrice del ritrovo, «perché non 
              trasformiamo questa piazza in un luogo di aggregazione civile?». 
              Dello stesso parere anche la contessa Maria Novella Papafava, discendente 
              di quei Carraresi che furono i signori di Padova fino al dominio 
              di Venezia iniziato nel 1405. «Nonostante il suo enorme potenziale, 
              la nostra è una città provinciale», afferma la contessa, candidata 
              della Margherita, «essa rischia di rimanere chiusa in se stessa, 
              mentre i cervelli migliori scappano da qui. Anche le mostre sono 
              scadenti e tutto si concentra sulla Cappella degli Scrovegni». La 
              Papafava, giramondo, cantautrice, amante della danza e delle arti, 
              sogna Padova capitale della cultura, iniziative di respiro internazionale 
              ma accessibili a tutti, una mostra d'arte contemporanea nelle stanze 
              che furono dei suoi avi. «Perché non portare in città Yoko Ono? 
              Ci sarebbe stato modo di farlo -continua la contessa - Padova non 
              è soffocata dal turismo e questo va sfruttato per iniziative mirate. 
              Invece si pensa solo a costruire nuovi centri commerciali». Anche 
              Franca Taddeo, candidata indipendente per i Ds, punta il dito sull'operato 
              della giunta Destro: «Abbiamo portato animazione in una piazza 
              lasciata a se stessa, dove il commercio langue e le attività artigianali 
              fanno fatica a sopravvivere. Con un progetto che abbattesse le difficoltà 
              di accesso al centro storico e portasse iniziative culturali a due 
              passi dal Castello dei Carraresi, potremmo rivitalizzare il centro 
              storico. Padova non deve essere solo Giotto e il Santo». Il 
              Castello, già utilizzato come carcere, versa in uno stato di semiabbandono. 
              Grazie alle pressioni dei parlamentari, sembra vicino il passaggio 
              della proprietà dal demanio del ministero di Giustizia a quello 
              dei Beni culturali. Il dicastero guidato da Castelli, infatti, è 
              il proprietario di quei 20.000 metri quadrati e sembrava poco intenzionato 
              a cederli gratuitamente. Con il passaggio ai Beni culturali, sarà 
              possibile dare vita ad Fondazione culturale ad hoc con la quale 
              avviare il restauro dell'edificio. Tanti i progetti: dal museo della 
              ceramica a quello dell'astronomia, visto che il luogo ospita la 
              Specola, sede privilegiata per lo studio del cielo. «E' da anni 
              che la Soprintendenza ai beni culturali sta aspettando che Castelli 
              firmi la dismissione», continua la Taddeo, «ci manca solo che il 
              ministero, dopo aver spremuto il Castello come un limone, voglia 
              anche far cassa. Un sindaco convinto dovrebbe spingere alla dismissione, 
              per poi far intervenire un consorzio formato da associazioni, Cassa 
              di risparmio, Regione e Università per istituire un centro polivalente. 
              Berlusconi avrà tempo per darci una risposta durante la sua visita 
              oggi a Padova?».  
              Matteo Bosco Bortolaso - Il mattino di Padova 7/6/2004 |   
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              2004 |   
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              Le 
              nuove liste |   
          | "Ad 
              attivarsi per prima nel dibattito intorno all'elenco è stata Italia 
              Nostra, che denuncia come a Roma ci siano casi di beni già vincolati 
              da anni, come l'Auditorium di Mecenate o Palazzo Blumenstihl. In 
              Calabria, la lista comprende beni di particolare pregio come 
              l'ex convento di Santa Chiara, Palazzo Valdesi a Cosenza e alcune 
              caserme ubicate in antichi conventi del Sei e Settecento. In Lombardia 
              i siti individuati dalla lista del Demanio sono quasi tutti risalenti 
              al ventennio fascista: dall'ex palazzo del Littorio a Varese alle 
              ex case del Fascio di Gallarate e Acquate. Ultimo ostacolo alla 
              "svendita" è ora il veto dei Sopritendenti, che dovranno vincolare 
              gli edifici in questione: in caso contrario scatterà la norma del 
              "silenzio-assenso" (ci sono 120 giorni di tempo per completare la 
              pratica), recentemente introdotta dal Codice dei Beni culturali 
              e del Paesaggio.  "Gli 
              edifici messi in vendita dal Demanio" Lombardia Acquate (Lecco): 
              ex sede del fascio di combattimento; Como: ex monastero delle Agostiniane 
              della Santissima Trinità; Varese: ex Palazzo del littorio e fabbricato 
              della ex ferrovia Bettole di Varese-Luino; Gallarate: ex casa del 
              fascio; Saronno: uffici finanziari; Vimercate: ex casa del fascio. 
              Calabria Cosenza: ex caserma Domenico Moro, Palazzo Valdesi, ex 
              convento di Santa Chiara, ex caserma fratelli Bandiera, ex caserma 
              Garibaldi, Palazzo degli uffici finanziari del Genio civile. Lazio 
              Roma: Auditorium di Mecenate, Palazzo Blumenstihl di via Vittoria 
              Colonna, Palazzo dell'Agenzia del territorio, ex Partito Nazionale 
              Fascista a Ostia antica, Palazzo in via Caroncini, Complesso immobiliare 
              in via Ciamarra, terreno in via Cesena.  Alessandro 
              Martini - Il Giornale dell'Architettura, n.19, giugno 2004  |   
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              Maggio 2004 |   
          | Italia 
              Nostra sulle nuove liste  |   
          | "Le 
              sezioni di Italia Nostra direttamente interessate dalla prima lista 
              di 21 edifici pubblici alienabili esprimono la loro preoccupazione. 
              Per Mirella Belvisi, del direttivo della sezione romana di Italia 
              Nostra: «Questo primo elenco presenta due casi molto preoccupanti: 
              ci sembrava che fossero inalienabili sia i beni già vincolati sia 
              i monumenti che le aree archeologiche. Invece nell’elenco che riguarda 
              Roma appare sia l’Auditorium di Mecenate (bene archeologico 
              ) che Palazzo Blumenstihl che ci risulterebbe già vincolato 
              da anni». Assolutamente negativo anche il giudizio di Teresa Liguori, 
              presidente regionale di Italia Nostra, sui siti calabresi inseriti 
              nella lista. “Sono tutti beni di particolare pregio architettonico 
              e artistico (l’ex convento di Santa Chiara, Palazzo Valdesi a 
              Cosenza). Alcune delle caserme inserite nell’elenco sono ubicate 
              in antichi conventi del Seicento e del Settecento. Dobbiamo opporci 
              con fermezza». In Lombardia i siti individuati dalla lista sono 
              quasi tutti risalenti al Ventennio (a Varese l’ex palazzo del 
              Littorio, ad Acquate l’ex casa del Fascio). «Sono tutti 
              in buone condizioni- dice Emma Corselli presidente del consiglio 
              regionale lombardo- bisogna rispettare questi edifici per il valore 
              di testimonianza di un periodo storico che non dobbiamo cancellare 
              dalla nostra memoria. Non siamo contro un riutilizzo di questi beni, 
              ma vogliamo che se ne facciano solo usi istituzionali che non ne 
              snaturino il loro valore storico e architettonico. Al contrario 
              leggendo il testo presentato da Urbani abbiamo avuto l’impressione 
              che sia concessa troppa libertà a chi compra».  Italia 
              Nostra - Comunicazione Nanni Riccobono 0684406331 Lorenzo Misuraca 
              0684406323  |   
          | 
 |   
          | 28 
              aprile 2004 |   
          |  
              Le 
              regole della vendita |   
          | "Vi 
              fa orrore l'idea di un McDonald's nel Colosseo o di una sala Bingo 
              agli Uffizi? Niente paura, non li vedrete mai. Ma l'Italia non ha 
              solo il Colosseo, gli Uffizi, il museo di Capodimonte o la torre 
              di Pisa. Siamo un Paese ricchissimo di cultura. Ex caserme, palazzi 
              storici, piccoli musei. Anche di questi parliamo oggi. Perché dopo 
              due anni di lavoro, condito da furenti polemiche, il primo maggio 
              entrerà in vigore il nuovo codice dei Beni culturali e del paesaggio, 
              fortemente voluto dal ministro Giuliano Urbani e presentato due 
              giorni fa in una cerimonia ufficiale al presidente Ciampi. Sono 
              circa 180 articoli che promettono di mettere ordine in una materia 
              «confusa e incerta». Molte le materie affrontate ma i punti veramente 
              caldi sono tre: la vendita di una parte del patrimonio pubblico, 
              la possibilità di intervenire nel paesaggio vincolato e l'apertura 
              ai privati nella gestione di monumenti, musei, palazzi. «Non 
              venderemo mai i tesori d'Italia», ha detto il ministro. Sono in 
              molti a non crederlo. Le associazioni, innanzitutto. Italia nostra, 
              Legambiente, Wwf, Comitato per la Bellezza, Associazione Bianchi 
              Bandinelli. Ma anche sovrintendenti, studiosi, direttori di musei. 
              E naturalmente l'opposizione politica, che in questi due anni ha 
              gridato allo scandalo. Perché si teme la svendita? Il punto più 
              controverso è la norma sul silenzio-assenso contenuta nella scorsa 
              Finanziaria. Il codice la mantiene nell'articolo 12. In sostanza, 
              Tesoro e Cultura concertano un elenco di beni da vendere. Sottopongono 
              la loro richiesta ai sovrintendenti e questi hanno 120 giorni per 
              dire no, altrimenti si vende. «Come faranno ad avere il tempo 
              per esaminare tutte le richieste?», si chiedono a Italia nostra 
              e prospettano l'ipotesi che il silenzio-assenso sia decaduto, perché 
              quella norma prevedeva un termine di 30 giorni entro i quali gli 
              elenchi dovevano essere pronti. Ma l'ufficio tecnico del ministero 
              nega che sia così. «Il termine dei 30 giorni non è perentorio». 
              Urbani ha sempre detto che è impossibile fare la lista di tutti 
              i beni alienabili, se ne deduce che gli elenchi saranno più di uno 
              e comunque parziali. Dicono al ministero: «Il silenzio-assenso riguarda 
              soltanto la prima applicazione. Non sarà per sempre così». Ma una 
              scadenza non esiste. E' presumibile quindi che la «prima applicazione» 
              riguarderà molti elenchi parziali. Per adesso ce n'è uno, una trentina 
              di beni in tutto, comprende molte ex caserme e qualche palazzo storico, 
              come palazzo Blumensthil a Roma. Le sovrintendenze, cronicamente 
              a corto di uomini e mezzi, temono il silenzio-assenso. Dice Nicola 
              Spinosa, sovrintendente del polo museale di Napoli: «Noi non abbiamo 
              il personale che ci consente di affrontare un'eventuale emergenza 
              di richieste alla vendita. Il rischio di non poter rispondere e 
              dare il via libera all'alienazione di decine di beni è concretissimo». 
              A Italia nostra si stanno organizzando. «Come associazione abbiamo 
              titolo legale per chiedere di partecipare ai procedimenti di verifica». 
              L'altro tema rovente è quello delle cosiddette privatizzazioni. 
              La legge Ronchey ha già aperto ai privati, permettendo la gestione 
              dei servizi aggiuntivi, librerie, vendita di gadget, caffetterie. 
              Ma Urbani è andato oltre. I privati potranno gestire un museo, perfino 
              il Colosseo. E i critici sono tanti. Il direttore del Louvre insorse 
              quando se ne parlò la prima volta. «Non siamo al supermercato — 
              disse —. Tutto quel che riguarda l'arte deve avere carattere culturale 
              e non commerciale». Nicola Spinosa lo segue su questo punto: «Che 
              si vuol fare, eliminare lo staff tecnico? Il privato investe se 
              ha un interesse economico immediato, quali garanzie darebbe riguardo 
              al rispetto artistico del monumento?». Ma uno tra i consiglieri 
              del ministro, l'economista Giacomo Vaciago, vicino alla sinistra, 
              abbraccia le tesi di Urbani: «Io credo nel valore e nella forza 
              dei privati, cioè della società civile. Si guardi la fondazione 
              di Bill Gates. Cooperare nei rispettivi ambiti, pubblico e privato, 
              questa è l'ottica del ministro, e io la condivido».  L'elenco 
              in esame Questi alcuni degli immobili contenuti nel primo elenco 
              all'esame delle Soprintendenze che dovranno dare l'assenso, o meno, 
              alla vendita. A Roma: Palazzo Blumenstihl, Auditorio di Mecenate, 
              Palazzo dell'Agenzia del territorio. A Cosenza: ex convento di Santa 
              Chiara, ex caserme Fratelli Bandiera, Garibaldi e Domenico Moro. 
              A Gallarate e Vimercate (Milano): ex casa del Fascio.  Tesori, 
              caserme, palazzi: le regole della vendita, Mariolina lossa Corriere 
              della Sera, 28/4/2004  |   
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              marzo 2004 |   
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              Gli 
              immobili devono rendere |   
          | "Gli 
              immobili in esame delle sovrintendenze  Acquate: 
              (Lc) Sede dell'ex Fascio di conbattimento.  Como: 
              Fabbricato urbano - ex monastero delle Agostiniane della SS Trinità, 
              Ex caserma Domenico Moro Palazzo Valdesi.  Cosenza: 
              Ex convento di Santa Chiara, Ex caserma Fratelli Bandiera, Ex caserma 
              Garibaldi, Palazzo degli uffici finanziari e del Genio civile.  Gallarate: 
              Ex casa del Fascio. Roma: Auditorio di Mecenate (demanio pubblico), 
              Palazzo Blumensthil di via Vittoria Colonna, Palazzo dell'Agenzìa 
              del Territorio (direzione generale).  Roma 
              P.N.F. Ostia Antica Palazzo in via Caroncini Complesso immobiliare 
              in via A. Ciamarra Terreno in via Cesena. Saronno (Va) Uffici finanziari. 
               Varese 
              Ex palazzo del Littorio (ora "Palazzo Italia") Fabbricato della 
              ex ferrovia Bettole di Varese-Luino.  Vimercate 
              (Mi) Ex casa del Fascio.  «Valorizzazione,razionalizzazione 
              e riconversione del portafoglio immobiliare dello Stato». È 
              questa la missione di Elisabetta Spitz, direttore dell'Agenzia del 
              Demanio, con l'occhio rivolto all'obiettivo della crescita della 
              redditività del patrimonio statale. E a questa missione Spitz torna 
              sempre, anche quando parla degli ambiziosi progetti di riqualificazione 
              di importanti aree e immobili statali all'interno delle città, che 
              l'Agenzia del Demanio sta lanciando in queste settimane. Anche quando 
              fa capire che l'Agenzia è pronta a muovere la «leva urbanistica» 
              per rimettere in moto le città. «Le grandi operazioni di riqualificazione 
              — dice Spitz — sono occasioni per rivitalizzare importanti parti 
              di città. Noi mettiamo il patrimonio, i Comuni decidono le funzioni 
              urbanistiche, mentre la gestione va fatta con chi la sa fare, cioè 
              i privati. Ma l'obiettivo resta per noi sempre quello di dare redditività 
              al nostro patrimonio. Redditività economica e sociale». E con questo 
              stesso obiettivo si giustifica la gigantesca operazione di censimento 
              del patrimonio avviata negli scorsi mesi. Come anche le verifiche 
              con le Sovrintendenze dell'interesse culturale dei beni con oltre 
              50 anni di età che tante polemiche hanno suscitato nei mesi scorsi. 
              «Il censimento del patrimonio e le verifiche con le Sovrintendenze 
              — dice Spitz — sono il primo passo del processo di razionalizzazipne 
              e valorizzazione del portafoglio». Architetto Spitz, il patrimonio 
              pubblico va razionalizzato, e quindi anche venduto, oppure valorizzato? 
              Penso lo Stato debba mantenere la proprietà dove le operazioni 
              di riqualificazione del patrimonio danno redditività. Non ha senso, 
              per esempio, tenere la proprietà di alloggi e terreni che sono proprietà 
              frammentate a bassa redditività. Quanto rende il patrimonio 
              statale? Una relazione della Corte dei conti del gennaio 2001 diceva 
              che la redditività del patrimonio statale era ferma allo 0.01 per 
              cento. Abbiamo lavorato fin dall'inizio per migliorare questa performance. 
              Con quali risultati? Quel valore oggi è notevolmente cresciuto, 
              ma il consuntivo lo avremo a giorni con i dati di bilancio. Come 
              l'avete ottenuto? Abbiamo informatizzato, riscosso crediti che non 
              erano stati mai riscossi, abbiamo transato su cause che duravano 
              da anni, abbiamo incassato dalle Ferrovie dello Stato 23 miliardi 
              di lire di crediti pregressi, abbiamo riscosso le cartelle non pagate. 
              Ora come si può fare un ulteriore salto nella redditività della 
              gestione patrimoniale? Anzitutto, rilocalizzando e razionalizzando 
              gli usi governativi. Il monitoraggio del patrimonio ci dà notizie 
              anche su questi usi e deve attivare un processo straordinario di 
              razionalizzazione cui nessuno è giusto si sottragga, neanche i nostri 
              uffici. Certi sprechi di spazi non sono più ammissibili, abbiamo 
              in uso troppi metri quadrati pro capite. Un secondo punto di razionalizzazione 
              è quello della manutenzione. Abbiamo pronto un manuale di manutenzione 
              programmata che detta le modalità di svolgimento e razionalizza 
              il costo. Quando partiranno i grandi progetti di riqualificazione 
              nelle città? Stiamo lavorando intensamente ed entro il 2004 avvieremo 
              iniziative importanti. A Torino, entro questo mese terremo la conferenza 
              di servizi per la Cavallerizza, a Roma abbiamo già appuntamento 
              con il notaio per la permuta Angelo Mai-via Giulia, anche a Milano 
              avvieremo la conferenze di servizi a breve. Lei dice che nelle grandi 
              operazioni di riqualificazione occorre coinvolgere i privati. Utilizzerete 
              lo strumento della Stu, le società di trasformazione urbana? Premesso 
              che noi abbiamo riformato la Stu, togliendole l'ingessatura burocratica 
              che aveva prima, dico che la Stu comporta un costo e va bene per 
              progetti molto complessi che abbiano un'operatività non troppo differita 
              nel tempo. Ci sono altri strumenti, come gli accordi di programma 
              previsti dalla legge 410 e, a valle della variante urbanistica, 
              la concessione edilizia o il piano attuativo. Pensiamo, però, anche 
              a strumenti più raffinati che separino la gestione dalla proprietà. 
              Quanti protocolli di intesa avete firmato finora con i Comuni? Sedici. 
              Ma fuori c'è la fila di Comuni per firmarne altri. Quando parla 
              di separare proprietà e gestione pensa alle concessioni? La concessione 
              è uno strumento ancora molto rigido. Penso a strumenti amministrativi 
              di derivazione anglosassone che consentano di finanziare progetti 
              di valorizzazione più che la proprietà. Strumenti che distinguano 
              fra la proprietà e l'uso del bene".  Giorgio 
              Santilli - Il Sole 24 Ore, 24/3/2004  |   
          | 
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          | 12 
              gennaio 2004 |   
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              Nuovi 
              elenchi: vale il silenzio assenso |   
          | "Questione 
              di giorni. Appena il tempo di vedere pubblicato in «Gazzetta» il 
              decreto Beni culturali-Difesa-Demanio con i criteri per elencare 
              e descrivere gli immobili di pregio artistico. Poi, entro i successivi 
              30 giorni, si metterà in moto la procedura per verificare la sussistenza 
              o meno dell'interesse culturale del "mattone tutelato". Entro 
              un mese, infatti, l'agenzia del Demanio dovrà trasmettere, alle 
              soprintendenze competenti per territorio, gli elenchi degli immobili 
              di proprietà dello Stato (o del demanio statale) da sottoporre 
              a valutazione. La novità, in materia di alienazione dei beni 
              artistici, è arrivata con l'articolo 27 della legge 326/2003 
              (di conversione del cosiddetto decretone, contenente una consistente 
              tranche della manovra economica per il 2004). L'obiettivo dichiarato 
              è passare al vaglio il patrimonio pubblico (a cominciare da quello 
              statale) di «interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico» 
              in modo da continuare a tutelare quello che merita di esserlo. E 
              classificare come vendibile tutto il resto. La valutazione sarà 
              a carico delle soprintendenze le quali, se vorranno evitare che 
              scatti il silenzio assenso, dovranno completare l'esame entro il 
              tanto discusso termine di 120 giorni dalla richiesta. «Il decreto 
              interministeriale che dovrà stabilire i criteri per predisporre 
              gli elenchi e le modalità di redazione, oltre alle procedure per 
              la loro trasmissione, sarà firmato al più presto, non appena avrà 
              ricevuto il nulla osta dell'ufficio legislativo dei Beni culturali». 
              Lo assicura Roberto Cecchi, direttore generale dei beni architettonici 
              e del paesaggio, e incaricato dal ministro dei Beni culturali, Giuliano 
              Urbani, di portare avanti l'iniziativa in coordinamento con il Demanio 
              e con il ministero della Difesa (per quanto riguarda le strutture 
              ancora in uso ai militari). Il provvedimento attuativo è previsto 
              dal comma 9 del citato articolo 27 della legge 326/2003. In più, 
              il solo ministero dei Beni culturali dovrà stabilire gli «indirizzi 
              di carattere generale» in base ai quali le soprintendenze dovranno 
              eseguire la famosa verifica. Per definire queste linee guida 
              la legge 326/2003 (articolo 27, comma 2) non prevede limiti di tempo, 
              né indica un provvedimento particolare. Tuttavia, fa capire Cecchi, 
              su questa materia non si devono attendere novità sostanziali rispetto 
              alle procedure tuttora vigenti. «Le soprintendenze hanno già eseguito 
              in passato valutazioni per stabilire l'alienabilità o meno di molti 
              immobili, applicando il Dpr n. 283 del 2000 -ricorda sempre Cecchi 
              -. Credo che non ci sia molto da aggiungere rispetto a questa norma». 
              Il riferimento è al decreto del Presidente della Repubblica, che 
              in 24 articoli riassume il «Regolamento recante disciplina delle 
              alienazioni di beni immobili del demanio storico e artistico». Ma, 
              soprattutto, il dirigente dei Beni culturali assicura che non si 
              verificherà alcun ingorgo tale da paventare il rischio di far scattare 
              il silenzio-assenso sui beni che meritano di restare di proprietà 
              pubblica. «Questo rischio - sottolinea sempre Cecchi - sarà evitato 
              grazie a un coordinamento strettissimo con il Demanio. In sostanza 
              faremo in modo che le soprintendenze non vengano "sommerse" oltre 
              misura dalle richieste di valutazione». Le nuove norme sulla alienazione 
              dei beni culturali contengono anche una sorta di veto in grado di 
              impedire la cessione. Il comma 4 del medesimo articolo (modificato 
              in sede di conversione del decretone) prevede infatti la possibilità 
              che «ragioni di pubblico interesse» possano impedire la sdemanializzazione. 
              Tali ragioni vanno valutate «da parte del ministero interessato». 
              Quest'ultima specificazione (aggiunta alla norma in sede dì conversione 
              del decretone) sembra andare a vantaggio principalmente del ministero 
              della Difesa, che in tal modo si vede riconosciuto un estremo appiglio 
              per cercare di evitare la cessione di beni. Quanto alla lista degli 
              asset vendibili, a essi verrà data la massima pubblicità, anche 
              all'interno del sito del dicastero di Giuliano Urbani."  Sole 
              24 ore, 12/1/2004 |   
          | 
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          |  
              Settembre 
              2003 |   
          | Silenzio-assenso 
              vendite BB.CC. 
               |   
          | " 
              Vendita 
              più facile per gli immobili di valore culturale, addizionale Irpef 
              bloccata fino al 2005 e una tessera sanitaria elettronica per accedere 
              alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. La Finanziaria 
              già cambia per mano di un nutrito pacchetto di emendamenti - circa 
              130 - messi a punto e presentati dal relatore al provvedimento Ivo 
              Tarolli dell'Udc. Nel frattempo nella maggioranza si compone un 
              fronte a favore di norme più severe per il condono edilizio: dopo 
              gli emendamenti della Lega sono arrivati quelli di An sostanzialmente 
              dello stesso tono. Cdl e Ulivo: 1.000 emendamenti a testa. Si fanno 
              intanto i conti sulla valanga di emendamenti presentati: Casa delle 
              libertà e Ulivo hanno presentato più di l.000 modifiche a testa. 
              Nel mirino dei parlamentari c'è il condono edilizio che ha totalizzato 
              circa 400 emendamenti. «La maggioranza è lacerata si arriverà alla 
              fiducia», ha detto Angius (Ds). Cresce i1 fronte anti-condono. Dopo 
              la Lega anche An, a firma di Giuseppe Specchia, chiede norme più 
              restrittive per il condono edilizio. Nel mirino è soprattutto la 
              disposizione del decretone - di cui An chiede l'eliminazione - che 
              consente di sanare, con una singola domanda 750 metri cubi (circa 
              250 metri quadrati) : in questo modo più richieste cumulate sullo 
              stesso edificio potrebbero portare alla sanatoria di interi palazzi. 
              An chiede anche che la competenza sulle demolizioni, oggi dei Comuni, 
              passi ai prefetti, che sia introducono l'obbligo dell'accesso pubblico 
              al mare per chi condona immobili sul demanio marittimo e la riduzione 
              dell'oblazione per la prima casa. Immobili artistici a rischio. 
              Il caso dell'articolo 27 del decretone che prevede, 
              previo un esame delle sovrintendenze, la sdemanializzazione e la 
              vendita di immobili e beni mobili artistici e culturali si 
              arricchisce di un nuovo elemento. Un emendamento del relatore Tarolli 
              prevede che il giudizio delle sovrintendenze, che in base all'articolato 
              hanno 60 giorni di tempo per decidere, sia sottoposto al silenzio-assenso. 
              Tuona il Verde Turoni: «Urbani se ci sei batti un colpo». Sviluppo 
              Italia e Cassa Depositi, Un emendamento del relatore prevede che 
              i beni immobili dello Stato che possono essere utilizzati a fini 
              turistici potranno essere venduti dall'Agenzia del demanio a Sviluppo 
              Italia, la società del Tesoro. Da Forza Italia, Grillo, chiede di 
              cancellare la norma per la trasformazione in spa della Cassa Depositi 
              e Prestiti (analoghi provvedimenti vengono dall'opposizione). Il 
              ritorno dello scontrino fiscale. Uscito dalla porta per incoraggiare 
              i commercianti ad aderire al concordato preventivo rientra dalla 
              finestra. Infatti un emendamento del relatore prevede che, se richiesto 
              dal cliente, lo scontrino dovrà essere emesso dal negoziante anche 
              se ha aderito al concordato fiscale. E' quanto prevede un altro 
              emendamento Tarolli che dispone uno slittamento dei termini di adesione 
              dal 28 febbraio del 2004 al 16 marzo, allineando la scadenza a quella 
              della proroga del «condono tombale». Blocco addizionali Irpef. Slitta 
              dal 31 marzo 2003 al 31 dicembre 2004 il termine per la conclusione 
              dei lavori dell'Alta commissione per il federalismo fiscale. Si 
              apre anche la possibilità di mantenere bloccate fino al maggio del 
              2005 e addizionali comunali e regionali Irpef.  Roberto 
              Petrini la Repubblica 18/10/2003 ROMA    |   
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              01 agosto 2003 |   
          | Toscana: 
              322 edifici in vendita 
               |   
          |  "L'assessore 
            Zoppi: "Chiediamo al Governo la notifica su almeno 80 degli edifici 
            privatamente alienabili" 322 beni pubblici toscani nell'elenco della 
            Patrimonio spa: la situazione Provincia per Provincia - La biblioteca 
            Marucelliana di Firenze, la Sovrintendenza ai Monumenti di Arezzo, 
            gli archivi di Stato di Lucca e Firenze, l'Istituto Geografico Militare, 
            i fari della Capitaneria di porto di Grosseto, Orbetello e dell'Isola 
            del Giglio, la torre dell'orologio con la chiesetta e le abitazioni 
            dell'Isola della Gorgona: tutti questi e molti altri edifici pubblici 
            fanno parte dei 322 beni demaniali toscani inseriti nell'elenco dei 
            beni potenzialmente alienabili allegato al decreto di costituzione 
            della Patrimonio spa, l'azienda creata dal Governo per sfruttare a 
            fini economici il patrimonio pubblico italiano. Sul loro futuro, in 
            particolare su quello degli edifici e delle aree di maggior pregio, 
            la Regione ha chiesto precise garanzie. La creazione della Patrimonio 
            spa ha suscitato mai sopite polemiche riguardo alla possibilità, innegabile 
            ad un'azienda privata, di affittare o persino vendere i beni in suo 
            possesso. Per questo la Toscana ha voluto procedere ad una dettagliata 
            mappatura dei beni che potrebbero essere trasmessi dallo Stato all'azienda, 
            verificandone l'effettiva funzione, la collocazione e lo stato di 
            conservazione. Il risultato è stato stupefacente: oltre a numerose 
            piccole caserme o stazioni di Polizia e Carabinieri (ben 77 in tutta 
            la Toscana e 29 nella sola provincia di Firenze), a depositi militari, 
            uffici delle capitanerie di porto, carceri, depositi, fondi, garage, 
            terreni, residenze ed uffici, nell'elenco figurano anche parchi, palazzi, 
            biblioteche e consistenti parti del patrimonio storico, architettonico 
            e ambientale dell'Arcipelago Toscano. "Dopo aver letto l'elenco dei 
            beni - dice l'assessore regionale alla cultura Mariella Zoppi - ed 
            aver visto che dei veri e propri tesori pubblici, edifici di grande 
            qualità architettonica, bellezza e pregio storico-artistico, potrebbero 
            venire, di fatto, sottoposti all'arbitrio di un'azienda privata, abbiamo 
            ritenuto doveroso pretendere dal Governo almeno una minima garanzia 
            sul loro futuro. Per questo abbiamo chiesto l'applicazione di una 
            notifica necessaria per vincolare i futuri utenti o acquirenti degli 
            edifici di maggior pregio a rispettare determinati parametri. Si tratta 
            di una parte consistente del patrimonio pubblico toscano ed è non 
            soltanto nostro diritto, ma anche nostro dovere cercare di tutelarlo 
            per quanto possiamo da eventuali scempi o speculazioni". Sono 80 i 
            beni, accuratamente selezionati, per i quali la Regione ha chiesto 
            la notificazione in base alla legge 490 del '99. Nell'elenco non figurano 
            edifici o terreni compresi nei Comuni della Provincia di Pisa. 01/08/2003 |   
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              13 Marzo 2003 |   
          |  |   
          | Firenze 
              - Hanno fatto appena in tempo a utilizzarlo come spazio per 
              una mostra di arte contemporanea, con opere di Calzolari e altri 
              maestri dell’arte povera fra l’odore ancora intenso del tabacco. 
              S’intitolava Sboom! e avrebbe dovuto segnare il primo passo verso 
              la trasformazione della ex Manifattura 
              Tabacchi di Firenze in cittadella della cultura. Un nome, 
              un destino, avrebbe detto Tristram Shandy facendo contento il ministro 
              Tremonti, che prima di Natale, mercé, un nuovo decreto, si è venduto 
              il complesso fiorentino. E non solo. Dalla pagine del Giornale dell’arte 
              l'archeologo e docente dell’University College di Londra, Gaetano 
              Palumbo, denuncia:sono 
               35 le proprietà vincolate messe in vendita 
              nella prima fase delle aste Scip, la società di cartolarizzazione 
              degli immobili pubblici creata, prima della Patrimonio spa, nel 
              novembre 2001. Sono già stati venduti Palazzo Correr a Venezia, 
              un palazzo storico al centro di Palermo, e un edificio 
              a Milano, costruito sulla zona dell’anfiteatro romano, mentre 
              ancora invenduti risultano Palazzo Artelli a Trieste, la residenza 
              termale dei Granduchi di Toscana a San Giuliano Terme, e Villa Manzoni 
              a Roma. «Questi ultimi- spiega Palombo - essendo stati battuti già 
              due volte, verranno messi in vendita con uno sconto del 25%. Se 
              anche in quel caso le proprietà non saranno vendute, sarà battuta 
              un’altra asta con base scontata del 35%. L’asta finale sarà a base 
              libera, quindi teoricamente qualcuno potrebbe portarsi via queste 
              proprietà per pochi euro».  12/03/2003 
              Clorofilla.it |   
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              Marzo 2003 |   
          | Poca 
              trasparenza |   
          |  VENDITA 
              IMMOBILI DICHIARAZIONE DELL'ON. GIOVANNA MELANDRI "Mi dispiace vedere 
              l'on. Armosino, forse a corto di argomenti nel tentativo di difendere 
              la cartolarizzazione del Ministro Tremonti, affidarsi a dichiarazioni 
              errate e di imbarazzante genericità che non depongono certo a favore 
              della sua ben nota sagacia. E'sconsolante, inoltre, vedere un Governo 
              che non si cura di evitare che possano rimanere impigliati nelle 
              maglie di questa enorme "svendita" beni che sarebbe più giusto rimanessero 
              patrimonio di tutti e su cui, al contrario, bisognerebbe che lo 
              Stato investisse per recuperarli e valorizzarli. L'onorevole Armosino 
              ricorda il censimento fatto nel 2000 dal Governo dell'Ulivo ma trascura 
              di ricordare che all'epoca erano operanti norme che tutelavano realmente 
              gli immobili vincolati o di pregio storico-artistico, fissando regole 
              chiare ed attribuendo al Ministero dei Beni Culturali un importante 
              ruolo di controllo mentre ora tali regole sono state spazzate via. 
              Successivamente, infatti, sono intervenute le leggi 351 del 25 settembre 
              2001 e 410 del 23 novembre 2001 - il cui ripasso le consiglierei 
              - volute fortissimamente dal Ministro Tremonti, che prevedono forme 
              di «dismissione in blocco unico del patrimonio immobiliare mediante 
              conferimento alle società veicolo appositamente costituite», come 
              Scip e Patrimonio dello Stato. Tali leggi prevedono che il passaggio 
              dei beni al patrimonio vendibile si effettua mediante la sola formulazione 
              degli elenchi ridimensionando i poteri di tutela delle Soprintendenze. 
              La legge 351, art. 3 comma 17 dispone, infatti: "I trasferimenti 
              di cui al comma 1 [e cioè il trasferimento delle proprietà immobiliari 
              nelle liste Scip] e le successive rivendite non sono soggetti alle 
              autorizzazioni previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999 
              n. 490 (la legge sulla tutela dei beni culturali)". Quindi non solo 
              le proprietà, anche se vincolate, possono essere vendute senza alcun 
              controllo, ma anche le successive rivendite non sono più sottoposte 
              all'esercizio della tutela da parte del Ministero dei Beni culturali. 
              Che il Governo, dunque, sia "cieco" rispetto agli acquirenti di 
              un'asta pubblica è doveroso, ma è grave che sia cieco, muto e sordo 
              nei confronti della tutela del patrimonio. Infine, quanto alle dichiarazioni 
              dell'on. Armosino a me personalmente indirizzate mi limito a dire 
              che se è già abbastanza squallido quando questi commenti beceri 
              li formulano degli uomini, è davvero una miseria quando vengono 
              da donne. Personalmente sono più interessata agli atti del Sottosegretario 
              Armosino che non all'aspetto fisico. Se l'on. Armosino vuol parlare 
              dei primi, bene. Se vuol continuare a parlare d'altro ci sono in 
              Italia centinaia di bar in cui potrà andare a farlo. Ma da sola."
 Roma, 
              6 Marzo 2003  |   
          |  |   
          | 3 
              Marzo 2003 |   
          | Cessione 
              di 36 immobili dello stato |   
          |  VENDITA 
              IMMOBILI DELLO STATO: CESSIONE 36 IMMOBILI DELLO STATO A FONDO PRIVATO 
              Villa Manzoni a Roma, la Manifattura Tabacchi di Firenze e un palazzo 
              nel centro storico di Palermo alcuni degli edifici più importanti. 
              Interrogazione parlamentare dell'on. Giovanna Melandri (DS) "In 
              merito alla notizia riportata questa mattina dell'avvenuta cessione 
              di 36 immobili di proprietà del Ministero dell'Economia al fondo 
              privato statunitense Carlyle, il Governo dovrebbe fornire maggiori 
              spiegazioni. Di quali immobili si tratta? A che condizioni sono 
              stati ceduti e per quale valore? Vi sono tra di essi beni di valore 
              storico - artistico? E' opportuno ed urgente che il Governo renda 
              noti i particolari di questa operazione. In caso contrario si rafforzano 
              i dubbi sorti intorno alle cartolarizzazioni volute da Tremonti 
              ed alla costituzione di Patrimonio Spa. Da mesi, infatti, malgrado 
              le richieste, l'attività di cartolarizzazione dei beni del demanio 
              pubblico avviata dal Governo Berlusconi, procede senza alcuna garanzia 
              di trasparenza. Non ci sono notizie, non ci sono più le regole che 
              tutelavano dal rischio di svendita monumenti, musei, palazzi storici, 
              aree archeologiche, non ci sono più certezze. Le rassicurazioni 
              verbali del Ministro Tremonti e dei vertici di Patrimonio Spa non 
              bastano. Occorre che venga ripristinata la norma che stabiliva tutele 
              e regole per i beni di valore storico artistico. Fino ad allora 
              è necessario che le cartolarizzazioni dei beni del demanio pubblico 
              avvengano alla luce del sole ."
  Roma, 
              3 Marzo 2003 - Per informazioni 06.67605301  |   
          |  |   
          | Febbraio 
              2003 |   
          | Cosilinum 
              in vendita |   
          | 
 |   
          |  Cosilinum, 
            a Padula in provincia di Salerno, è in vedita con 999 quote a 1000 
            euro ciascuna. Un intero sito archeologico nel cuore della Lucania 
            con Torre Quadrata, e circostante terreno di mq.43.000 è in vendita 
            a privati ed enti pubblici interessati. La città risale al IV secolo 
            a.c. mancano a tuttoggi un' adeguata campagna di scavo e fonti letterarie 
            di studio. |   
          |  |   
          | 9 
              dicembre 2002 |   
          | Urbani 
              come sempre smentisce |   
          | "Vogliamo 
              innanzitutto tutelare e poi anche valorizzare il nostro immenso 
              patrimonio: nessuno ha mai pensato di vendere beni artistici o di 
              affidare ai privati i musei italiani'': lo ha detto il ministro 
              per i Beni culturali Giuliano Urbani ad un dibattito oggi a Milano. 
              All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, il consigliere di 
              amministrazione della Rai e assessore alle culture della Lombardia, 
              Ettore Albertoni, e l'assessore alla Cultura di Milano Salvatore 
              Carrubba. ''I monumenti nazionali - ha spiegato il ministro - non 
              possono essere alienati perche' sono vincolati. Noi non abbiamo 
              mai pensato di privatizzare un bel nulla. I musei sono pubblici 
              e tali devono rimanere. Il tesoro degli italiani deve restare degli 
              italiani tutti, sarebbe una mostruosita' cederli a privati. Noi 
              vogliamo invece avere la possibilita' di dare la gestione di alcuni 
              beni culturali in 'con-cessione'. Non quindi cederli, ma avere un 
              aiuto da chi ha una cultura della gestione migliore della nostra. 
              I musei resteranno comunque sotto la responsabilita' dei sovrintendenti 
              e dei direttori. La stessa Costituzione afferma all'articolo 9 che 
              la tutela e' esercitata dallo Stato''. Peraltro ''il patrimonio 
              culturale e' la calamita che attira il turismo: vengono dall'estero 
              per visitare Brera o gli Uffizi, per assistere a uno spettacolo 
              della Scala. Il patrimonio artistico ha, anche dal punto di vista 
              economico, una importanza enorme. Non solo: molti sostengono, e 
              sono d'accordo, che il mondo si rimpiccolisce. E questo fa diventare 
              sempre piu' importante il riconoscimento di che cosa e' italiano 
              rispetto a quanto e' di altri Paesi. Noi siamo conosciuti per il 
              nostro patrimonio artistico, di qui il fatto che la nostra autorevolezza, 
              la credibilita' e l'attrattiva di tutto quello che produciamo siano 
              strettamente legati alla visibilita' e al prestigio del nostro passato. 
              Noi siamo conosciuti per quello che abbiamo fatto. Sono la nostra 
              identita' culturale e il patrimonio artistico a renderci straordinariamente 
              ricchi e contemporaneamente italiani''  (ANSA) 
              MILANO, 9 DIC |   
          |  |   
          | 4 
              dicembre 2002 |   
          | Alba 
              Fucens in vendita |   
          |  |   
          | "Prima 
              manifestazione pubblica in Abruzzo, il 14 dicembre, contro la vendita 
              dei beni demaniali - tra cui l'antica citta' romana di Alba Fucens 
              - il cui elenco e' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 
              6 agosto scorso. La promuove Legambiente Abruzzo, con il Comune 
              marsicano di Massa D'Albe, proprio nell'anfiteatro romano di Alba 
              Fucens. Pullman per la Marsica saranno organizzati per quel giorno 
              dall' associazione ambientalista, in partenza da ciascun capoluogo 
              di provincia abruzzese. Per gennaio, invece, il sindaco di Massa 
              Mario Parlati - nel cui territorio ricade il sito archeologico - 
              ha annunciato un consiglio comunale aperto anche agli amministratori 
              dei comuni limitrofi (una trentina) proprio nell'area archeologica, 
              posta a 1050 metri di quota, alle pendici del Monte Velino. Due 
              settimane dopo la pubblicazione dell' elenco sulla Gazzetta Ufficiale 
              due quotidiani deteschi avevano espresso la loro preoccupazione 
              per la messa in vendita da parte dello Stato Italiano. Citando proprio 
              Alba Fucens, inoltre, definirono ''irrisorio'' il prezzo stabilito 
              di poco piu' di 40mila euro. ''I gioielli dell' Abruzzo ceduti alla 
              Patrimonio Spa - ha dichiarato il segretario regionale di Legambiente, 
              Antonio Ricci - in cambio del Terzo Traforo del Gran Sasso, inserito 
              nella Legge Obiettivo''. ''In pratica - ha spiegato Ricci -, con 
              obiettivi legati alla necessita' di ridurre il debito pubblico, 
              finanziare la realizzazione di infrastrutture e getsire in maniera 
              redditizia il patrimonio dello Stato, negli ultimi mesi si e' intervenuti 
              con provvedimenti che modificano profondamente l' ordinamento relativo 
              alla gestione dei beni pubblici nel nostro Paese: le leggi 410 del 
              2001 e 112 del 2002''. ''Con la prima - ha aggiunto Ricci - si autorizza 
              il ministero dell' economia a costituire societa' per realizzare 
              operazioni di 'cartolarizzazione' dei proventi della dismissione 
              del patrimonio immobiliare di Stato ed Enti Pubblici; con l'altra 
              e' prevista la possibilita' di cedere il patrimonio dello Stato 
              a due societa' di diritto privato (Patrimonio dello Stato Spa e 
              Infrastrutture Spa). Alla prima possono essere trasferiti tutti 
              i beni immobili disponibili o indisponibili, nonche' demaniali; 
              il tutto puo' essere ulteriormente trasferito a Infrastrutture Spa, 
              societa' creata per finanziare la realizzazione di opere pubbliche 
              e aperta anche al capitale privato'. (Ansa) PESCARA, 4 DIC '' "Sulla 
              Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 6 agosto di quest’anno 
              è stato messo in vendita il sito archeologico di Alba Fucens. 
              Anfiteatro, terme, foro, basilica, santuario, mosaici, colonne e 
              strade lastricate: tutta l’antica città romana si può acquistare 
              ad appena 40.615 euro (78 milioni delle vecchie lire), un vero prezzo 
              di saldo. “Questo progetto è un’offesa per tutti noi. – afferma 
              Mario Parlati, sindaco di Massa d’Albe - Alba Fucens deve restare 
              di proprietà degli italiani affinché possa continuare ad essere 
              quel fondamentale polo turistico e culturale del nostro territorio. 
              Alba è visitata ogni anno da 70.000 turisti, è il sito archeologico 
              più importante della regione, che ha già restituito un inestimabile 
              patrimonio artistico, anche se portato alla luce solo in parte. 
              Questo gioiello deve essere valorizzato, molto più di quanto non 
              lo sia adesso, ma certo non venduto. Per la Marsica, a cui il terremoto 
              del ’15 ha portato via quasi tutto il patrimonio storico, Alba costituisce 
              anche un irrinunciabile pezzo della nostra memoria. Ho scritto anche 
              al Presidente Ciampi – continua Parlati - e se proprio sarà necessario, 
              piuttosto la comprerò io Alba Fucens per regalarla al mio comune. 
              Chiedo agli abruzzesi di contribuire a questa battaglia di civiltà 
              partecipando alla manifestazione del 14 dicembre.” Il sito archeologico 
              di Alba Fucens è solo il caso emblematico ed il più rappresentativo 
              di un grande patrimonio pubblico regionale che è stato posto in 
              vendita. In 51 comuni abruzzesi il governo vuole liberarsi di ogni 
              sorta di beni demaniali, 147 fra edifici e terreni.  "Un 
              popolo riconosce la propria identità – dice Antonio Ricci, presidente 
              regionale di Legambiente - anche attraverso i beni del patrimonio 
              pubblico. Ci sentiamo italiani perché siamo partecipi di una storia 
              secolare che ha disseminato questo paese di uno straordinaria ricchezza 
              di opere, monumenti, paesaggi, un patrimonio unico al mondo. Cederlo 
              equivale a vendere non solo un pezzo del Paese Italia, ma anche 
              un po' della propria identità, del proprio senso di comunità. Neanche 
              quando l’Italia era ben più povera di adesso, i governi hanno mai 
              pensato di alienare i beni del Paese.” E’ ancor più inaccettabile 
              che si venda la ricchezza d’Italia per finanziare opere di dubbia 
              utilità (ponti, autostrade, trafori, ecc.), spesso dannose o inutili. 
              La Patrimonio SpA, istituita con il decreto Tremonti del 15 aprile 
              2002 (n. 63), poi convertito in legge il 15 giugno 2002 (n. 112), 
              ha lo scopo di realizzare le Grandi Opere, previste nella Legge 
              Obiettivo, finanziandole con la vendita del patrimonio pubblico. 
              La crescita del Paese passerebbe per la realizzazione di grandi 
              opere pubbliche che costeranno al Paese 346.000 miliardi di euro 
              in 10 anni. Ma tutti quei miliardi di euro necessari a fare dell'Italia 
              un cantiere non ci sono. Le casse dello Stato, è sotto gli occhi 
              di tutti, sono in rosso; i privati non si arrischiano più di tanto 
              in opere di dubbia utilità e di ancor più dubbio profitto. E allora? 
              Lo Stato aliena. Ma l'Italia e l'Abruzzo non sono in vendita. Stiamo 
              assistendo – continua Ricci - ad un vero e proprio salto di qualità 
              nell’attacco nei confronti dell’ambiente. Non si può più parlare 
              semplicemente di disattenzione nei confronti delle tematiche ambientali: 
              si tratta ormai di un vero e proprio affronto, di un tenace perseguire 
              priorità che confliggono vistosamente col rispetto e la valorizzazione 
              del territorio. "  04/12/2002 
              - Legambiente  |   
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