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Cantiere La Scala - MI
La Scala, scommessa vinta?
4 ottobre 2004

"Sono stato due ore dentro la Scala ritrovata. A me pare un'ottima notizia che questo cantiere sia in fase di chiusura. Ho visto smontare i ponteggi in via Filodrammatici, accendere in prova il grande lampadario di platea, lucidare i pavimenti di legno, fissare la seta rossa alle pareti dei palchi. Mette allegria l'idea che in due anni tutto sia tornato a posto da quella voragine di detriti, che dietro la facciata intatta dell'edificio del Piermarini aspettavano l'appuntamento con l'italica incapacità di ricostruire dopo aver abbattuto. Quando il teatro aveva chiuso per il trasloco in periferia, il provvisorio, che sempre diventa definitivo, si accampò malinconico nel mio taccuino. Il mio immaginario di cronista ha uno scaffale folto di slittamenti. Tutto il resto, le polemiche sul restauro, i diversi pareri sulle singole scelte, i costi, la filologia dei ricordi e dei particolari, appartiene al metabolismo di Milano. A me colpisce la stravaganza felice dell'esito globale, un appuntamento rispettato. Si era detto: «Arnvederci a Sant'Ambrogio del 2004», e a Sant'Ambrogio la cìttà ritroverà il suo luogo più amato e famoso, divenuto ora senza strappi una macchina modernissima di spettacolo dentro il guscio antico. Non mi interessa il colore dell'amministrazione che ha vinto la scommessa, non è rilevante il ritorno propagandistico della partita. Questo restauro non è virtuale come un sondaggio, è una cosa che è andata bene a Milano. E' un fatto che appartiene a tutti. Sarebbe dimostrazione di debolezza politica sminuire il senso di questa conclusione di fatica. Albertini, che mi fa da guida nel lungo giro, è visibilmente soddisfatto, e io non vedo perché dovrebbe destare invidia. E' andata bene. Altre cose non vanno altrettanto bene, a giudizio degli oppositori. Ma che senso ha negare questo successo? Senza timore di avvolgersi nella retorica, lui sostiene che «deve esserci un Dio per i sindaci coraggiosi» e cita Erostrato, l'incendiario di Efeso cui rischiava di assomigliare millenni dopo, se il meccanismo burocratico - giudiziario - edilizio si fosse bloccato, dopo che erano state smontate tutte le parti del gioiello. «Se ci fosse ancora Indro...». Nella nostra conversazione il nome di Montanelli è tornato quattro volte, la nostalgia per il grande giornalista è affettuosa e interessata, a Indro era piaciuto questo milanese efficiente e asciutto, ne aveva apprezzato il taglio impolitico, lo stile da amministratore di condominio e quel parlare esatto, un po' aulico, di ex allievo del liceo dei gesuiti. Gli ha lasciato in dono, andandosene, la mitica Olivetti Lettera 22, cui i lettori italiani debbono le migliori pagine del giornalismo contemporaneo. E' esposta come una reliquia in Palazzo Marino, accanto alla scrivania del sindaco. Montanelli non avrebbe esitato a festeggiare la Scala ritrovata e si sarebbe complimentato senza avarizia con l'uomo più votato di uno schieramento che non sopportava. Ne sono convinto. Durante il giro abbiamo parlato a lungo del paradosso Albertini, una formula che funziona alla Scala, che ha chiuso in attivo il bilancio dei depuratori, ma che parrebbe avere smarrito la simpatia di parte di un'opinione che Montanelli coglieva al volo, con il suo intuito di rabdomante dei desideri della gente. Via via che di piano in piano, di corridoio in corridoio, visitavamo la nave della musica quasi pronta da riparare, il sindaco elencava i motivi di altre soddisfazioni, il termovalorizzatore Silla 2, il completamento del tratto urbano del Passante ferroviario, la cablazione della città («negli annunci economici del Corriere del 1904 si leggeva: Affittasi appartamento, dotato di acqua corrente. Oggi l'acqua corrente è l'informazione via cavo, arrivata in ogni casa»). Eccetera eccetera. E allora perché, con tanti eccetera, l'aria non è più quella del tempo degli elogi di Indro? Albertini si ferma: «Montanelli diceva che sono antisistemico. La politica professionale, l'élite mediatica che le è contigua, la rappresentanza aggregata degli interessi hanno oggi un atteggiamento diverso... Ma la città ha superato molti motivi del disagio, dalla cui eliminazione partì nel 1997 il nostro lavoro. Se avessimo potuto fare le privatizzazioni programmate, se avessimo così potuto attingere a una diversa disponibilità finanziaria per la spesa corrente e per i grandi lavori... Nel primo mandato ci giovammo di un nuovo senso comune, la gente sentiva l'esistenza condivisa di una linea etica, che vorrei definire fontanelliana. Poi qualcosa si è inceppato nella condivisione, forse appartiene al mio stile l'incapacità di rendermi simpatico a tutti, di ingraziarmi ogni commento... Ma quei cinquecentomila milanesi che mi hanno voluto qui sanno che ho lavorato e lavoro per loro». Tutti quei voti sono una nostalgia evidente. Ma il parlamentare europeo Albertini, da poco eletto per Strasburgo, non sottovaluta il suo nuovo zoccolo elettorale. Torniamo a parlare della Scala. Il 4 novembre cominciano puntuali le prove per l'opera dell'inaugurazione, «L'Europa riconosciuta» di Antonio Salieri. Il titolo è propizio, Salieri non è Mozart, Strasburgo non è Milano. Ma il 7 dicembre Salieri sarà desiderabile quanto Mozart e Milano certamente, grazie alla Scala ritrovata, sarà grande capitale d'Europa."

Gaspare Barbiellini Amidei - Corriere della Sera, Milano, 4/10/2004

 
La Scala era una topaia
8 marzo 2004

Intervista a Mario Botta: «La Scala era una topaia ma vincerà la scommessa» Colloquio con l'architetto ticinese, progettista dei lavori di restauro e di ristrutturazione del teatro Incontriamo Mario Botta a Lugano, nel suo bellissimo studio-torre.

Architetto, nel suo fortilizio ha forse un motivo per dispiacersi di non trovarsi a Milano? «No, perché Milano e la mia città. Da Mendrisio, dove abito, in 35 minuti arrivo in corso Sempione: come se attraversassi Los Angeles da un quartiere all'altro. Culturalmente, sono italiano: di madre italiana e di studi italiani, a Milano e a Venezia. Proprio non sento un limite di Lugano, che considero periferia di Milano».

Al contrario, non si rallegra mai per il fatto di non vivere nella grande città? «Noi la critichiamo anche violentemente, però la città è il massimo della tensione umana. Nel bene e nel male, è comunque la casa collettiva dell'uomo. E’ giusto che critichiamo anche le esasperazioni della città diffusa, la sua mancanza di qualità, le periferie, però, insomma, la città è il paesaggio naturale al quale aspira l'uomo. È l'insieme che permette di vincere quel sentimento che è la solitudine. La metropoli contemporanea offre quindi una serie di valori di tipo globale, con i quali siamo costantemente in conflitto, consapevoli però della loro grande ricchezza. A Milano si è cittadini del mondo: vi passa una quantità di emozioni e di possibilità che in un altro contesto non troveremmo. E l'eterna lotta tra una condizione critica e il grande vantaggio, lo sono nato in campagna e ho sempre aspirato alla città, che per me e uno dei beni supremi».

«Circola una bella foto che la inquadra col casco giallo nel cantiere della Scala. I milanesi si sono però spaventati alla vista della voragine alle sue spalle. Si son detti - Ce la faranno per il 7 dicembre?" «È una scommessa temeraria, ma credo che Milano abbia le risorse per farcela. Naturalmente, non sarà tutto finito. Meglio, saranno finite le parti necessario per l'inaugurazione. Poi si continueranno i lavori per quei corpi accessori, sale prove e altro, che non sono strettamente indispensabili». In scena comunque. Sarà ancora una grande Scala? «Credo davvero che questa di Milano sia una bella scommessa. Ripeto: temeraria anche concettualmente, se si vuole, però capace di credere che vi sia una possibile coniugazione tra il passato e il futuro. O il presente».

Si temeva che il progetto stravolgesse il conosciuto. «È invece un progetto molto rispettoso della storia. Della configurazione storica, meglio, perché attraverso il restauro della parte monumentale, seguito da Elìsabetta Fabbri, la Scala uscirà rafforzata e più dignitosa. Anche la parte nuova avrà una propria dignità e una propria immagine: sarà una struttura al centro della città in grado di far funzionare il teatro. Bisogna infatti considerare che, al di là del palcoscenico, in un teatro vive anche tutta un'altra macchina. È proprio una bella scommessa». Sui tempi e sul risultato complessivo...

E lei dice che Milano la vincerà? «Sicuramente».

Il lavoro dell'architetto è visto come espressione di libertà. Ma alla Scala lei è dovuto intervenire su strutture preesistenti. Come ha fatto? «La libertà è data dai vincoli, non esiste la libertà assoluta. Io, anzi, sono convinto che più vincoli ci sono, meglio si possano trovare le ragioni per le trasformazioni. I vincoli sono parte del progetto: come i contenuti, come la dimensione del territorio su cui si agisce. Per l'architetto i vincoli sono salutari. E sen/.a vincoli, io non saprei che cosa fare. Mi interessano il dialogo, il confronto, il superamento della difficoltà e l'invenzione che accetta la condizione data dal vincolo e fa scoprire altre possibilità».

Il vincolo, in questo modo, viene addomesticato e diventa un interlocutore. È così? «Pensiamo al pittore: stabilisce lui i suoi vincoli. Il formato di un quadro, per esempio, è un vincolo fortissimo. Quando non ci sono, i vincoli se li inventano gli stessi artisti».

Che cosa provò quando le fu chiaro che si sarebbe occupato del Teatro alla Scala? «La cosa è cominciata in maniera soft. Io non avevo il mandato, e l'impresa che ha vinto il concorso aveva nei suoi compiti la realizzazione dei piani esecutivi. Quindi, io sono un po' entrato attraverso la porta di servizio. I piani dovevano rispondere a talune condizioni della Soprintendenza, per cui il tutto, alla fine, è diventato un vero e proprio progetto, e l'invenzione di due corpi in dialogo con la parte sottostante ne è stata la chiave di volta. Quando nascono come la grande idea, i progetti rischiano magari di consumarsi. Altri, più sofferti, ritrovano alla lunga una loro ragione d'essere».

E con la Scala si va più cauti, si cammina piano. «Toccare la Scala comporta naturalmente una responsabilità. Non tanto da un punto di vista linguistico-architettonico, quanto per il fatto che il teatro rappresenta un valore aggiunto, ragione per cui gli elementi metaforici e simbolici per la città lo identificano come la Madonnina. E’ bello, quindi: è bello un lavoro sul plus valore».

Come nella vita, così un progetto cresce soffrendo? «La sofferenza è parte dell'atto creativo. Ma non bisogna neanche pensare che l'architetto sia l'artista demiurgo che risolve ogni problema. Dietro un progetto c'è molta passionalità: la parte creativa è nella misura del 10 per cento, il resto è analisi, studio, sintesi. Il progetto di architettura è un processo, non è un gesto: un processo che coinvolge molte personalità e competenze».

L'hanno molto disturbata le polemiche delle opposizioni politiche? «Nel nostro mestiere il consenso arriva sempre tardi. A opera finita, in genere, quando si può anche discutere, ma, ingomma, e pur sempre lardi. Il dissenso, invece, e puntuale e tempestivo. Ma quando sono in buona fede, le critiche sono segnali a cui si deve dare attenzione. Sono spie, non bisogna snobbarle: possono anche affossare un progetto. Questo, per la Scala, sarebbe stato un peccato, perché il suo meritava di andare avanti. Molte critiche, devo dire, erano pretestuose. Qualcuna diceva: "Si costruisce un grattacielo sopra il Piermarini!". Noi, invece, alziamo di soli 2 metri e 40 il livello del vecchio limite. Esagerazioni latte ad arte»

E Milano si è infine resa conto che la Scala andava rimessa in sesto. «Il teatro era chiuso perché, tecnicamente, era inagibile. Alla fine del 2001 scadevano tutte le proroghe che da decenni gli venivano concesse perché era una topaia: non c'era sicurezza, gli operai vi lavoravano in condizioni pietose, e da subito dopo la guerra si continuava ogni volta ad aggiungervi un lavoro di emergenza. Senza una pianificazione. Per andare avanti, la Scala aveva bisogno di questa ripulita, di un rinfresco».

A lei piace ricordare che l'architettura va associata al valore della gravita. Vanno letti in questo senso i due volumi da lei inseriti sui tetti del teatro? «No, i due volumi che fuoriescono dal corpo ottocentesco saranno percepiti soltanto da grande distanza: stando sotto il teatro, si ripresenterà infatti il rapporto tra la facciata e la città. Sopra, poi, sarà come tutti i tetti: ci sono le cupole, i tamburi, i serbatoi d'acqua, i corpi aggiunti. La città, cioè, ha anche un suo mondo sul tetto. E dall'alto è bello vedere che la città si esprime, oltre che con le facciate, anche attraverso la sua planimetria: quando lei, stando in alto, osserva la cupola della Galleria, sente che lì sotto c'è un cuore, c'è un venire. Così la Scala, che vivrà di due momenti: del suo rapporto figurativo con la storia - e noi ripuliremo il disegno del Piermarini da tutte le aggiunte -e, in alto, di un linguaggio più astratto, contemporaneo, che si leggerà come un corpo tecnico».

Architetto, c'è chi lo chiama "cappelliera": vuole indicare lei il termine giusto per il volume ovale? «Riepilogando, si tratta di due volumi: uno, il parallelepipedo, è la cassa della torre scenica; l'altro, sopra i tetti di via Filodrammatici, è a pianta ellittica, e si potrebbe chiamare ellissoide».

A Milano è forte il contrasto tra spazio pubblico e spazio privato: faticoso il primo, godibile l'altro. «Abbiamo sacrificato tutto in funzione del traffico, che dovrà necessariamente ridimensionarsi: non è possibile che lo spazio pubblico sia ridotto a corsia dì transito. A Zurigo, una delle note di merito dello scorso anno è stata l'eliminazione di 7mila posti-pareheggio. E in molti centri europei è in atto una politica di riqualificazione della città proprio attraverso la riduzione dei parcheggi».

Accidenti: il contrario di quanto si vuol fare a Milano! «Esatto. Per disincentivare il traffico privato, tirar via i parcheggi invece di costruirne di nuovi. Attenzione, però: arriverà il momento in cui bisognerà dissuadere la gente dall'entrare in città. E per far questo, devono funzionare i mezzi pubblici». E’ sempre difficile il rapporto tra città e sicurezza «La città pubblica non è né meglio né peggio della città sociale che vi sta dietro, essendo l'espressione formale della storia. Non possiamo illuderci che una società violenta, ghettizzante, drogata, esprima uno spazio di benessere, di armonia e di serenità. L'architettura, in questo, è impietosa: è sempre lo specchio della sua storia, nel bene e nel male: un diario di pietra che ci parla di ciò che vi è stato».

Piero Lotito Il Giorno, 8 MAR 2004

 
 
"Più dialogo"
5 settembre 2003

Lavori alla Scala, chiediamo più dialogo con la città Alberto FerruzziCaro direttore, il Corriere ha avviato sulle pagine milanesi un dibattito sul futuro «newyorkese» della nostra città partendo dalle dichiarazioni del sindaco Albertini. In questo contesto vorrei richiamare la sua attenzione su un tema che sempre riguarda Milano e il suo skyline, ma che ha un interesse e un valore ben più ampio di quello cittadino la futura immagine del nostro più famoso teatro italiano, la Scala. Questo tema, che ha una rilevanza internazionale e mondiale, è stato finora invece ristretto al solo ambito milanese o al massimo nazionale, anzi è stato confinato tra l'anticamera del sidaco Albertini, lo studio del Sovrintendente Fontana e l'ufficio del ministro dei Beni culturali, Urbani. Si deve sapere che, con una procedura innovativa e un po' troppo disinvolta in termini di tutela del patrimonio artistico, il ministro dei Beni culturali ha tollerato la demolizione di tutto il palcoscenico e degli annessi al grande edificio della Scala, riducendo la parte storica del teatro alla sola sala e al suo foyer e lasciando tutto il resto (che era quasi il doppio di quanto è sopravvissuto) a una ricostruzione di gusto postbellico. Dietro le facciate sopravvissute alla demolizione si sviluppa un ambiente totalmente nuovo che si collega con la parte storica dell' edificio solo attraverso il sipario che mantiene le misure del precedente. Si deve inoltre sapere che il progetto in corso di esecuzione comporta un totale stravolgimento del profilo del teatro in rapporto a tutto il contorno tradizionale di piazza della Scala; infatti il nuovo sipario è più alto del precedente di alcuni metri ma purtroppo è anche più largo e più profondo. Tutto ciò comporterà un sopralzo rispetto alla sopravvissuta facciata storica di 17 metri ed una estensione di 38 metri, tutto in un impattante marmo rosa. E così pure davanti a Palazzo Marino, la facciata famosa nel mondo del Teatro della Scala, disegnata oltre due secoli fa dal Piermarini, sarà sovrastata da questo cubo rosa di 40 metri. Inoltre a compensare questo incombente cubo rosa, dal lato che da su via Filodrammatici, si realizzerà un fabbricato ovale alto tre piani, impostato a 20 metri dal suolo e che raggiunge i 30 metri! Ho descritto gli effetti sullo skyline di Milano del progetto di ristrutturazione della Scala che fu steso in quattro mesi dall'architetto Mario Botta e che fu approvato in quattro giorni dal ministro dei Beni culturali. Italia Nostra ha ripetutamente chiesto al sindaco Albertini di rendere partecipe la cittadinanza e tutta la opinione pubblica dell'impatto del nuovo progetto. Ma il Sindaco Albertini ci ha scritto che la «modellatura» dei contorni avrebbe comportato dei ritardi nell'esecuzione dei lavori. Chiediamo un poco più di dialogo sulle grandi scelte per la città.

Corriere della Sera 05/09/2003

 
Interrogazione al ministro
15 gennaio 2003

"Con una interrogazione al ministro della Cultura i senatori verdi Sauro Turroni e Fiorello Cortiani denunciano ''la distruzione totale (documentata recentemente da 'Striscia la notizia') di quanto stava dietro al sipario del teatro della Scala, nonche' il trasferimento notturno in discarica dei materiali scaligeri poi ridotti in briciole''. In particolare i due parlamentari chiedono in base a quale progetto esecutivo e nell'ambito di quale appalto indetto dal Comune di Milano siano stati eseguiti e stiano tuttora proseguendo tali lavori di demolizione integrale; quali materiali del palcoscenico e del sottopalcoscenico siano stati smontati e conservati per la loro musealizzazione in base alle prescrizioni della Soprintendenza ai Beni Architettonici; dove siano finite le colonne della torre scenica, risalenti alla Scala settecentesca di Giuseppe Piermarini; dove siano finite le colonne della cripta della trecentesca Chiesa di Santa Maria della Scala fino a poche settimane fa ben visibili sotto il palcoscenico, se esse siano state smontate e conservate a cura della Soprintendenza, oppure se siano, come altri materiali, finite in discarica e la' sbriciolate; quale vigilanza abbiano esercitato sui lavori di smantellamento e di demolizione la Soprintendenza Regionale e le Soprintendenze ai Beni Architettonici e ai Beni Archeologici; se risponde a verita' quanto affermato pubblicamente da vari esperti di teatri storici e cioe' che si progetto di ricostruire il palcoscenico della Scala in modo difforme da quello preesistente pienamente improntato alla tradizione antica italiana e di intervenire quindi pure sul livello e sulla sala settecentesca la quale subirebbe per questo e per altri interventi una palese manomissione."

ROMA, 15 GEN 2003 (ANSA).

 
Abbattuta la vecchia torre scenica
19 dicembre 2002

"Soddisfatti dei lavori all'interno della platea, quelli conservativi, ma 'impressionati negativamente' per la ristrutturazione, che riguarda la parte retrostante del teatro, dove sorgera' il nuovo palco e la torre scenica, per ora completamente abbattuta. E' questa l'opinione generale dei consiglieri di centrosinistra che stamattina hanno potuto visitare i cantieri del teatro in ristrutturazione. ''Neanche i bombardamenti della seconda guerra mondiale - hanno sottolineato molti consiglieri dell'opposizione - avevano provocato un tale sventramento''. E Rifondazione comunista ha rincarato: 'una bomba area da 500 Kg e' esplosa nel ventre della Scala aprendo un cratere che occupa due terzi dell'area occupata originariamente dal teatro''. Una visita durata oltre due ore quella di oggi e preceduta nei giorni scorsi da un mare di polemiche. Da tempo infatti l'opposizione, ma anche altre forze politiche e associazioni, chiedevano con insistenza di poter entrare nel cantiere blindato. Cosi' stamattina i consiglieri, elmetti bianchi in testa, si sono recati in visita alla Scala insieme ai colleghi di maggioranza delle commissioni comunali Cultura e Lavori Pubblici. Durante il sopralluogo il direttore dei Lavori Pubblici Antonio Acerbo ha inoltre reso noto che la falda si e' innalzata di diversi metri anche sotto il cantiere della Scala in ristrutturazione. Il tecnico comunale ha anche aggiunto che si tratterebbe di un contrattempo che non incidera' sui tempi di esecuzione dei lavori, il cui termine e' previsto per la fine del 2004. Un'ipotesi confermata anche dal vicesindaco e assessore ai lavori pubblici Riccardo de Corato, che ha ricordato che le immagini dei lavori sono visibili da oggi a tutti attraverso il sito aperto dal Comune propri per il cantiere. Le critiche della minoranza comunque si sono concentrate sulla gestione definita 'dilettantesca', con cui la Giunta avrebbe portato avanti le vicende amministrative del cantiere, oggetto anche di una sentenza del Tar. E' stata inoltre rilanciata la questione dell'incarico di progettazione esecutiva affidata a Mario Botta e alcuni consiglieri hanno sollecitato un nuovo bando entro la prossima primavera per affidare un incarico attraverso una gara pubblica. Ma su questi punti e' arrivata immediata la replica del vicesindaco. 'Non ci sara' nessuna nuova gara di appalto - ha detto - Abbiamo tutto il tempo per rifare la delibera in Giunta e approvarla nei termini di legge''.

MILANO, 19 DIC (ANSA)

 
Informazione negata
9 dicembre 2002

"E' ancora battaglia sui lavori al Teatro della Scala di Milano: le associazioni contrarie hanno voluto portare la questione del restauro all'attenzione della stampa internazionale, con una conferenza nella sede della Stampa Estera a Roma. E alla protesta si e' unita anche Articolo 21, che ha denunciato una ''informazione negata''. Verdi Ambiente Societa', Legambiente, Italia Nostra e il Comitato per la Bellezza con Carla Fracci, lo scenografo e regista Luciano Damiani e il consigliere comunale di Milano Milly Moratti hanno fatto fronte comune perche' - ha spiegato Roberto Zaccaria, in rappresentanza di Articolo 21 - ''bisogna accendere i riflettori e pensare che la Scala non e' solo dei milanesi o degli italiani, ma anche di tutti quelli che vi si recano da tutto il mondo''. Le associazioni tornano cosi' a chiedere con forza il blocco del cantiere alla Scala. Chiedono inoltre ''rispetto per la memoria piermariniana'', ritenendo che il progetto di Mario Botta, e in particolare la nuova torre scenica, comprometta l'equilibrio estetico del teatro - costruito da Giuseppe Piermarini nel 1776-78, fu il primo neoclassico in Italia - con la piazza antistante e Via Verdi. Secondo le associazioni, il ''si'' della giunta stessa - che arrivera' al piu' presto secondo quanto dichiarato dal vicesindaco Riccardo De Corato - ''esigera' in modo ancor piu' palese un nuovo appalto e quindi il fermo del cantiere''. Articolo 21, che si batte per la liberta' di espressione, ''e' intervenuta anche perche' - ha detto Zaccaria - ci sembra che in questo caso ci sia stata l'intenzione di tenere il problema sottotraccia, un blocco di informazione che e' molto piu' preoccupante della censura''. Tra i fatti che non avrebbero trovato sufficiente spazio sulla stampa, Zaccaria ha evidenziato la conferenza tenuta a Milano da Italia Nostra sul manifesto preparato dall'associazione e respinto dalla giunta comunale, la negazione di accesso al cantiere a consiglieri comunali come la stessa Moratti - fatto che ha definito ''la negazione di un diritto politico a rappresentanti della cittadinanza'' - e infine la sentenza del TAR della Lombardia che il 6 dicembre approvava uno dei punti sollecitati nel ricorso di Legambiente. Non e' stato accolto dal TAR il problema sollevato dall'associazione di ''compatibilita' ambientale'' del progetto Botta, ma la stessa sentenza ha dato ragione ai ricorrenti sulle innovazioni che vi comparirebbero rispetto al progetto precedente, dichiarando che i disegni dell'architetto dovranno passare al vaglio della giunta comunale."

ROMA, 9 DIC (ANSA).

 
Conservare le strutture
19 novembre 2002

"Si faccia al piu' presto una gara internazionale per i progetti di conservazione delle strutture della Scala, poiche' al momento non ci risulta che la sovrintendenza sappia che cosa si sta portando via dal cantiere ne' ci sono progetti di musealizzazione'': lo ha detto oggi la consigliera comunale di opposizione Milly Moratti, durante una conferenza stampa dei Verdi-L'arancia, nella quale e' stato mostrato il servizio di 'Striscia la notizia' con le riprese dall'alto delle demolizioni in corso nel teatro del Piermarini. Il centrosinistra milanese, che ha avviato da tempo una battaglia molto dura con la Giunta di centrodestra di Palazzo Marino per poter visitare i cantieri della Scala (permessi finora negati dal vicesindaco De Corato) reagisce con ''incredulita' e sgomento'', secondo le parole della Moratti, a cio' che e' stato svelato dalle telecamere. Secondo l'esponente dei Verdi ''addirittura sembra che manchino alcuni pilastri settecenteschi del Piermarini'', e il cantiere appare ''grossolano e gestito senza nessun riguardo per l'immenso patrimonio artistico che nasconde''. Sandro Antoniazzi, leader della colazione di minoranza, ha detto che la battaglia per la Scala ''e' solo all'inizio'', dopo aver visto le immagini televisive. Antoniazzi ha anche ribadito che la maggioranza, negando lo scrutinio segreto in consiglio comunale, ieri sera, sulla censura al vicesindaco De Corato per il suo comportamento ''antidemocratico e non trasparente'', e respingendo quindi a voto palese l'ordine del giorno dell'opposizione, avrebbe ''violato ogni statuto e ogni regolamento''. Alberto Mattioli, capogruppo della Margherita, ha sostenuto ancora, come ieri sera in aula, che ''il sindaco e il vicesindaco, di fatto, hanno sfiduciato la loro maggioranza facendo votare in modo palese''. Il capogruppo Ds Emanuele Fiano invece, ha rilanciato il tema dei costi del sito internet del cantiere, sostenendo che ''se ieri sera 10 milioni di italiani hanno potuto vedere che cosa ne e' della Scala, il Comune ha invece speso 90 mila euro per il sito web del cantiere, ma non si vede niente''. E' intervenuto anche Basilio Rizzo, della lista Miracolo a Milano: ''La scelta di ristrutturare in questo modo il tempio della lirica mondiale - ha detto Rizzo - e' sciagurata''. Se la Scala fosse stata abbattuta da un evento naturale come un terremoto, e' stato l'esempio di Rizzo, ''tutti in tutto il mondo, si sarebbero affrettati a erogare fondi per la ricostruzione''. A questo punto , ha concluso il consigliere di opposizione, ''non mi resta che tifare per la giunta, paradossalmente, affinche' ci dia di nuovo al piu'presto una Scala degna''. L'esponente di Rifondazione Comunista, Daniele Farina, ha infine annunciato che il giorno della prima della Scala, il 7 dicembre, agli Arcimboldi, il centro sociale Leoncavallo organizzera' una manifestazione davanti al teatro, ''per opporre il colore all'orrore''

(ANSA) - Milano, 19/11/02