Palazzo 
              di Maso degli Albizzi, wool merchant and international banker  
            "Palazzo 
              storico della borghesia fiorentina del priorato, rappresentava nei 
              'muramenti' la potente famiglia degli Albizi, "wool merchants 
              and international bankers", che aveva sin dal 
              sec. XIV aveva molti possedimenti e case torri nel vecchio centro 
              di Firenze concentrati soprattutto nella strada omonima (ex Borgo 
              S. Pier Maggiore poi degli Albizi) sul tracciato del decumano della 
              florentia romana. Una delle famiglie popolane più 
              importanti nel proprio quartiere, gli Albizi erano affermati mercanti 
              di lana, banchieri internazionali ed erano ai vertici dell'azienda 
              dopo il 1350. Agli inizi del Quattrocento, la famiglia era una delle 
              poche che poteva competere nella città di Firenze con i Medici, 
              aveva il controllo diretto su tutto il processo di produzione e 
              di marketing (compresa la fornitura di lana grezza). L'impresa 
              degli Albizzi rimane storiograficamente l'unico esempio di un impresa 
              mercantile così completa, ma esistono 
              anche altri casi imprenditoriali, soprattutto a partire dal XIV 
              secolo, caratterizzati dall'estensione del mercato di un singolo 
              produttore di lana (lanaiolo) oltre la tipica società familiare. 
            (L.b.c.) 
              
              
            Posizione 
              del palazzo lungo l'asse di Borgo degli Albizi con la 
            piccola piazzetta ad angolo con via delle Seggiole,  sede della Loggia di famiglia 
             
              "I 
              palazzi di famiglia erano situati sulla strada originariamente chiamato 
              Borgo S. Pier Maggiore e più tardi rinominata Borgo degli Albizi. 
              L'asse stradale partiva dall'attuale piazza Salvemini (ex Canto 
              alle Rondini) e si allineava con via del Corso sino a piazza della 
              Repubblica. Le proprietà lungo tutto l'asse stradale erano 
              il centro nevralgico del 'partito antimediceo', sistema oligarchico 
              che governò la città di Firenze sino alla prima metà 
              del Quattrocento con l'esilio di Cosimo il vecchio nel 1434, e la 
              morte dello statista albizzesco Niccolò 
              da Uzzano. Questo palazzo, riorganizzato nelle forme 
              attuali ai primi del Cinquecento, era il principale, il più 
              vasto e articolato della famiglia, e si trovava a destra dell'antica 
              e rimaneggiata Torre degli Albizzi. Riprendeva 
              lo schema del tradizionale palazzo fiorentino ad intonaco, con finestre 
              e monofore bugnate. Una proprità intimamente legata alla 
              Loggia di famiglia (Albizi) nella piazza omonima, e appartenente 
              pienamente alla scuola architettonica di Baccio d'agnolo famiglia 
              di architetti e intagliatori fiorentini." 
             
              (L.b.c.). 
            "Il 
              palazzo, eretto attorno al 1500 su preesistenti case mercantili 
              trecentesche in parte già di proprietà della famiglia Albizi in 
              parte dei da Filicaia (si veda borgo degli Albizi 10), fu restaurato 
              su commissione di Luca degli Albizi tra il 1625 e il 1634 dall'architetto 
              Gherardo Silvani, che vi fece - come documenta Filippo Baldinucci 
              - molti lavori "con tanta magnificentia d'architetture tanto difficile 
              sopra el vechio". Grazie al rispetto dell'esistente, almeno per 
              quanto riguarda la facciata, tale intervento non stravolse il disegno 
              originario e la grande fabbrica si presenta ancora nelle nobili 
              e austere forme proprie dell'architettura fiorentina del Rinascimento, 
              con la porta incorniciata da conci in pietra e le finestre inquadrate 
              da bozze piatte, il tutto coronato da un tetto fortemente aggettante, 
              sempre nel solco della tradizione locale. Il progetto originario 
              della fabbrica è variamente ricondotto dagli studiosi a Baccio d'Agnolo 
              o a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, mentre a Gherardo Silvani 
              la letteratura tende ad attribuire sia la grande loggia a sei arcate 
              inserita nella facciata posteriore (un tempo a guardare un vasto 
              giardino, oggi, tamponata per metà, uno spazio asfaltato dove ancora 
              resiste un alto albero di magnolia), sia la scala che si sviluppa 
              sulla destra dell'androne." 
            Testo 
              tratto da 'Repertorio delle Architetture civili di Firenze' - C.Paolini. 
              
            Slargo 
              tra Borgo degli Albizi e via delle Seggiole, luogo dove era realizzata 
              la Loggia di famiglia, inglobata successivamente nell'edificio ad 
              angolo che ospita attualmente il 'bar omonimo'. 
            "Pervenuto 
              per via ereditaria ai Frescobaldi, il palazzo ha goduto nei primi 
              anni settanta del Novecento di un intervento di restauro curato 
              dall'architetto Emilio Dori (al quale negli anni ottanta altri sono 
              seguiti condotti dallo stesso Dori in collaborazione con l'architetto 
              Giancarlo Facchini) che, come a suo tempo sottolineato da Leonardo 
              Ginori Lisci, "ha messo in luce molti particolari architettonici 
              un tempo scomparsi, e ha valorizzato in pieno le importanti pitture 
              (settecentesche) del quartiere terreno". Queste ultime, di notevole 
              impatto nel loro decorare senza soluzione di continuità gli ambienti, 
              sono bene apprezzabili anche dalle vetrine sulla strada, che guardano 
              a varie sale attualmente occupati da esercizi commerciali. Nel novero 
              di queste pitture murali poste al terreno e presumibilmente collocabili 
              tra gli anni trenta e quaranta del Settecento, si segnalano lavori 
              attribuiti (si veda il contributo di Lisa Leonelli) a Domenico Maria 
              Papi, Matteo Bonechi, Giuseppe Del Moro e Vincenzo Meucci. Al primo 
              piano è invece un piccolo ambiente, già adibito a cappella, decorato 
              da un allievo di Bernardino Poccetti, e alcune pitture della seconda 
              metà del Settecento, eseguite in occasione del matrimonio di un 
              Albizi con Teresa Spinelli (1795). li). 
            Testo 
              tratto da 'Repertorio delle Architetture civili di Firenze' - C.Paolini 
              
              
            A - Androne di ingresso del palazzo su via degli Albizzi con volta a botte a intonaco.. B - Portale dell'ingresso principale con finestra rettangolare in pietra serena. 
            "Sulla 
              facciata, sotto il ricorso del secondo piano, è un bello scudo dei 
              primi del Cinquecento della famiglia Albizi (di nero, a due cerchi 
              concentrici d'oro, con il capo d'argento caricato della croce di 
              nero). Sopra il ricorso del primo piano, sul lato sinistro, sono 
              le insegne dell'Arte della Lana e di Calimala; alla stessa altezza, 
              agli estremi della fabbrica, si ripetono le armi degli Albizi. Sulla 
              facciata, questa volta sopra il portone, si segnala inoltre una 
              lapide, posta nel 1879 e trascritta da Francesco Bigazzi, che ricorda 
              Vittorio degli Albizi, esperto di agronomia, morto nel 1877 senza 
              discendenza maschile. Si noti inoltre come sulla sinistra, verso 
              la torre degli Albizi (si veda al numero civico 14), vi sia una 
              soluzione di continuità data da un immobile che solo in un secondo 
              tempo è stato adeguato nel disegno del fronte alla mole principale 
              della fabbrica. Il bel cancello che chiude l'androne presenta nuovamente 
              uno scudo con l'arme degli Albizi, sempre nella versione caricata 
              della croce dell'ordine teutonico. Assieme ai molti appartamenti 
              privati, il palazzo accoglie la sede dell'Istituto Papirologico 
              G. Vitelli. Il palazzo appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla 
              Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio 
              monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale, ed è 
              dal 1913 sottoposto a vincolo architettonico." 
            Testo 
              tratto da' Repertorio delle Architetture civili di Firenze' - C.Paolini 
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